Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Ici, il governo rassicura la Chiesa

Esplora:
Il Vaticano

  • a
  • a
  • a

Da una parte il governo cerca di rassicurare quanti ieri avevano lanciato l'allarme sul possibile «colpo di grazia» per le scuole paritarie e gli asili gestiti da religiosi. Ma dall'altra i vescovi non abbassano la guardia sull'introduzione delle nuove norme per l'Ici-Imu anche sui beni ecclesiastici e ribadiscono tutte le loro «preoccupazioni». In particolare è monsignor Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina (Enna) e segretario della Commissione Episcopale per l'Educazione cattolica, la scuola e l'Università, a puntare oggi il dito contro «l'incertezza legislativa» e a rivendicare che «le scuole cattoliche sono paritarie e quindi svolgono un servizio pubblico». «Se le scuole statali sono esentate dall' Ici o dall'Imu perchè svolgono un servizio pubblico», dice mons. Pennisi lo devono essere «anche le scuole cattoliche o di ispirazione cristiana che lo fanno non per fini di lucro e spesso per le fasce più disagiate». Il nuovo allarme del segretario della Commissione Cei, secondo cui molte scuole paritarie cattoliche «sono a rischio chiusura», e secondo cui esse non sono «un lusso» ma «un diritto di libertà» e sarebbe «un paradosso penalizzare le famiglie che lo esercitano, magari a costo di sacrifici», arriva dopo che in mattinata, dalle colonne di Avvenire, il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo aveva dato i suoi chiarimenti all'Ici-Imu per i beni della Chiesa. «Il concetto è semplice: paga l'Imu chi iscrive un utile a bilancio. Chi, insomma, lucra, sull'attività che svolge», ha spiegato Polillo. «Caso classico: se la retta alla scuola parificata serve a sostenere i costi di gestione, non si può considerare attività commerciale - ha aggiunto -. Applichi il concetto a un ospedale: è lo stesso. O a un'associazione, religiosa o meno, ai partiti, ai sindacati». Il decreto attuativo, «oltre a stabilire come si calcola la porzione di edificio da cui si 'lucrà terrà conto - ha annunciato Polillo - di questo principio». Le precisazioni, però, evidentemente non bastano. E i vescovi «restano preoccupati» denunciano ancora «incertezza». «La legge del 2000 voluta da Berlinguer - ricorda inoltre mons. Pennisi - prevede che le scuole non statali abbiano gli stessi diritti degli alunni delle scuole statali perchè svolgono un servizio pubblico», «non per fini di lucro, e quindi non sono dei diplomifici che regalano diplomi in cambio di quattrini, ma sono invece dei servizi educativi alle persone, soprattutto alle fasce più deboli». «Teniamo presente - prosegue il vescovo - che la maggior parte delle scuole cattoliche purtroppo sono solamente al Nord e sono soltanto scuole dell'infanzia, perchè al Sud la maggior parte di queste scuole ha chiuso, e stanno chiudendo anche perchè, per esempio, la Regione Sicilia non sta dando il buono scuola facendo in pratica una discriminazione a cittadini che pagano tutti le tasse tra coloro che frequentano la scuola statale e coloro che frequentano la scuola pubblica di ispirazione cristiana». Il problema, spiega ancora il responsabile Cei, «è quello di fare giustizia. Non solo la Chiesa non rivendica privilegi, ma chiede che l'Italia si adegui agli standard europei, perchè in Europa c'è stata la scuola libera, in Italia purtroppo è soltanto di nome e non di fatto». I contributi ricevuti finora «sono legittimi e doverosi, insufficienti per cui tante scuole hanno dovuto chiedere, non sono privilegi». «Io sono stato in Bosnia-Erzegovina - racconta mons. Pennisi -, Paese a maggioranza musulmana dove esistono una quindicina di scuole cattoliche che hanno gli insegnanti pagati dallo stato e hanno anche la bolletta energetica che viene pagata dallo stato. Non vedo perchè si fa in Bosnia-Erzegovina e non in Italia». «Al governo Monti - conclude il vescovo - diciamo: noi non vogliamo privilegi ma giustizia, vogliamo che si realizzi una vera parità scolastica non discriminando gli alunni delle scuole non statali perchè questi alunni sono come gli altri e non di serie B. Se qualcuno poi lucra o fa cose di carattere commerciale è giusto che paghi».  

Dai blog