La lingua del premier è l'italiano
D'accordo, siamo contenti d'avere un presidente del Consiglio capace di parlare anche in inglese (e in francese). "Anche", appunto. Perché quando il professor Mario Monti s'esprime in italiano, lo fa con grande padronanza della lingua e ricchezza lessicale. È un piacere ascoltarlo, e non solo per le cose nuove che sta dicendo in campo economico. Ma dato a Mario quel che è di Mario, noi non apparteniamo al "partito del loden", che è il coro, visibile e invisibile, degli adulatori del Professor dei professori. E perciò gli diciamo due cose con chiarezza: che, a nostro gusto, anziché vestirsi da tirolese, Monti starebbe molto meglio con un cappotto della nostra bella sartoria italiana che va in tutto il mondo. Ma questa, intendiamoci, vuole essere solo una metafora (si vesta come vuole, naturalmente). Invece non è una metafora, ma una forte contestazione la considerazione che segue: ci siamo stancati di sentire il presidente del Consiglio della Repubblica italiana parlare in inglese nell'esercizio delle sue funzioni. L'ha fatto un'altra volta, l'ennesima, ieri alla conferenza dell'Ifad, che sarebbe il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo. Conferenza che non si svolgeva a Londra, ma a Roma, che è la capitale non dell'Inghilterra, ma dell'Italia. Ma anche se questa riunione si fosse tenuta a New York e presso le Nazioni Unite - da cui il fondo dipende - il presidente del Consiglio della Repubblica italiana doveva intervenire nella lingua dei cittadini che rappresenta: l'italiano, non l'inglese. Il professor Monti della Bocconi può parlare anche in cinese, se lo conoscesse. Ma il capo dell'esecutivo Monti non è un privato cittadino, e non va all'Ifad per chiacchierare come se fosse tra quattro colleghi oxfordiani al bar. All'Ifad, e ovunque la circostanza pubblica lo richiedesse, il presidente del Consiglio deve parlare la lingua di Dante. Oltretutto una lingua con più di mille anni di storia, molto più conosciuta nel mondo di quanto noi stessi crediamo e, comunque, "la lingua ufficiale dello Stato", com'è scritto con norma costituzionale nello statuto speciale del Trentino-Alto Adige. Di più: in una importante ma dimenticata sentenza della Corte Costituzionale, si ricorda che la lingua italiana debba precedere sempre nelle scritte bilingui, quasi a voler sottolineare il "posto d'onore" che la riguarda in patria. Figurarsi all'estero. E comunque "Roma" è patria, oltre che sentiero universale. Ma non è una questione giuridica, anche se il Parlamento farebbe bene a inserire nella stessa Costituzione il principio costituzionale già esistente nel citato Statuto. «La lingua italiana è la lingua ufficiale della Repubblica»: sarebbe un perfetto corollario dell'articolo 12, che ricorda i tre colori della bandiera nazionale. Questo per il futuro. Ma intanto nel presente non c'è bisogno alcuno che Monti ostenti di continuo, come un professore che tiene all'appaluso dei suoi studenti, quanto sia bravo a parlare in inglese. Lo sappiamo e ne siamo orgogliosi. Apparteniamo anche noi alla moderna tribù degli italiani capaci di parlare e scrivere in più lingue, oltre all'italiano. Siamo vissuti (e amiamo) anche Londra. Ma qui non si discute di cose "a titolo personale". Per esempio: le lettere d'amore alla moglie Monti la scriva nella lingua che vuole (e noi torneremmo a suggerirgli l'italiano, che è lingua d'amore). Ma quando il Nostro indossa i panni del presidente del Consiglio e all'ombra, concreta o morale, del Tricolore, non faccia né lo snob né il provinciale, e parli la lingua dei suoi connazionali. La parli a Roma, alla Casa Bianca o quando va a ritirare un premio europeo a Parigi, e non trova neanche un minuto di tempo per dire un pensiero pubblico in italiano! Caro presidente, yes, you can.