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I taxi tornano in mano ai Comuni

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Potere a Comuni e Regioni per decidere l'eventuale aumento delle licenze dei taxi. Il decreto sulle liberalizzazioni si «ammorbidisce» così nei confronti di una delle categorie che più aveva protestato contro il governo. L'emendamento, presentato da Pd e Pdl, ieri ha avuto il sì anche del governo. Ma in realtà si è trattato semplicemente di una correzione di un errore fatto proprio dall'esecutivo. La possibilità di intervenire sul servizio dei taxi è infatti attribuito a Comuni e Regioni – come il Pdl aveva fatto notare subito – e qualsiasi modifica sarebbe incostituzionale. Nell'emendamento – elaborato dai due relatori Filippo Bubbico (Pd) e Simona Vicari (Pdl) – è stato comunque stabilito che la nascente Autorità dei trasporti fornirà un parere non vincolante sul servizio. Parere che, se sarà disatteso, potrà essere impugnato al Tar. Il nuovo organismo dovrà monitorare e verificare la corrispondenza dei livelli di offerta del servizio taxi delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani. Saranno però Comuni e Regioni ad intervenire non prima però di aver acquisito il parere del l'Autorità. Si potrà tra l'altro stabilire l'incremento del numero delle licenze «ove ritenuto necessario» bandendo concorsi straordinari. I proventi che deriveranno dal rilascio di nuove licenze, è scritto nell'emendamento, «sono finalizzati ad adeguare compensazioni da corrispondere a coloro che sono già titolari di licenza». Verrà inoltre consentita ai titolari di licenza d'intesa con i Comuni «una maggior libertà nell'organizzazione del servizio sviluppando anche nuovi servizi come il taxi ad uso collettivo. E una maggior libertà sarà riconosciuta anche per stabilire le tariffe con una «corretta e trasparente pubblicizzazione a tutela dei consumatori». Si punta anche a migliorare la qualità dell'offerta con l'offerta di corsi di formazione professionale. Ma le disposizioni sui taxi non sono l'unica novità approvata ieri dalla commissione Industria del Senato. Via libera anche alla possibilità per un cliente di sottoscrivere un mutuo in una banca senza essere obbligato ad aprire un conto corrente in quell'Istituto. Inoltre la banca dovrà proporre almeno due polizze di due compagnie assicurative diverse ma lasciando la possibilità all'utente di stipularne invece una da lui trovata sul mercato. Sempre a garanzia dei cittadini arrivano multe fino a 20 mila euro contro le clausole vessatorie inserite nei contratti fra professionisti e consumatori e parallelamente si rafforza l'istituto della class action. La prima proposta di modifica prevede che l'Autorità garante delle concorrenza e del mercato potrà dichiarare vessatorie le clausole inserite nei contratti che «si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari». La multa potrà variare tra 2 mila e 20 mila euro. E se le informazioni e le documentazioni fornite non saranno veritiere la sanzione potrà variare tra 4 mila e 40 mila euro. Il provvedimento che accerta la pratica vessatoria, si spiega nella norma, dovrà essere diffuso «mediante ogni altro mezzo ritenuto opportuno in relazione all'esigenza di informare compiutamente i consumatori, a cura e spese dell'operatore». Per chi non rispetta le regole la multa potrà variare da 5 mila a 50 mila euro. Il lavoro della commissione si chiuderà entro la prossima settimana e il testo dovrebbe arrivare in aula al Senato ai primi di marzo. Ma in bilico ci sono ancora alcune emendamenti sui quali la commissione bilancio deve stabilire se c'è la copertura finanziaria. Intanto sul decreto è intervenuto ieri il presidente di palazzo Madama Renato Schifani, garantendo che l'aula «rinforzerà il provvedimento e lo difenderà dalle ovvie pressioni di lobby e corporazioni che cercano di irrigidirlo. L'obiettivo principale non può che essere la tutela del cittadino e dei suoi interessi».

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