Politica senza Rete Solo uno su cinque su Facebook o Twitter
I redditi on line di ministri e dirigenti pubblici, il censimento in tempo reale delle "odiate" auto blu, la rincorsa degli ultimi giorni - guarda caso dopo l'esplosione del caso Lusi - a una legge efficace che gestisca il finanziamento dei partiti. Ormai la parola d'ordine è «trasparenza». E la politica, sotto botta dei tecnici, prova a recuperare terreno. Troppo grande la distanza che si è venuta a creare tra cittadini e istituzioni, troppo acceso l'orgoglio anticasta, troppo profondo il disincanto. Serve un cambio di rotta. Una nuova forma di «partecipazione». Ecco allora che nel secolo di iPhone e social network la domanda sorge spontanea: il web può aiutare i politici a riconquistare la credibilità perduta? Purtroppo, sembra di no. Almeno per ora e nel pnostro Paese. Solamente il 55 per cento dei parlamentari italiani, infatti, è presente su Internet (con una differenza di circa 10 punti tra Camera e Senato). E appena uno su cinque è presente sui social network, come Facebook e Twitter, contro il 70 per cento dei colleghi statunitensi. È quanto emerge dalla ricerca «Parlamento 2.0», che ha monitorato per circa un mese la presenza e l'attività degli onorevoli sul web. Eppure qualcosa sta cambiando: «I parlamentari italiani hanno scoperto il fascino di Facebook prima e ora di Twitter: stanno emigrando dal web 1.0 (la gestione di un proprio sito web) al 2.0 (l'utilizzo dei social network)» spiega Sara Bentivegna, direttrice della ricerca. Sembrano buone notizie. Ma perché un politico decide di essere presente in rete? Come usa in concreto queste piattaforme digitali? «Da quello che emerge dalla nostra ricerca - risponde - i parlamentari utilizzano le opportunità di queste piattaforme soprattutto per la autopromozione e anche per un po' di autocelebrazione», ammette. Ma andiamo ai numeri: dalla ricerca emerge che Facebook risulta ancora la piattaforma più utilizzata. Il Pd e i partiti minori sono i più tecnologici. Quasi il 70% degli esponenti del Partito democratico, infatti, è on line, mentre per il Pdl ci si ferma al 46%. Nel gennaio 2012, 198 Parlamentari italiani risultavano iscritti a Twitter, con un incremento di oltre l'85% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (107 account): si è passati dai due «early adopters» del 2007 (Di Pietro e Palmieri) ai 198 attuali. Tra i segretari di partito, Pier Luigi Bersani batte Angelino Alfano per numero di «follower» (92.149 sostenitori contro 14.816), mentre Gianfraco Fini si ferma a quota 11.104. Non sono però i big a fare il "lavoro sporco". I politici più «prolifici», quelli che tengono costantemente aggiornati i loro supporters con i «tweet» in diretta da Camera e Senato li troviamo poco spesso sulle pagine dei giornali. Si seguono tra loro, si «cinguettano» durante le audizioni in Commissione o le estenuanti attese per la chiama di un voto di fiducia. Si commentano e si criticano. Sono molto seguiti e hanno creato un legame con i cittadini che li seguono. Rispondono, spiegano, si giustificano dopo critiche e - a volte - veri e propri insulti. La ricerca «parlamento 2.0» ha individuato una rete dei più seguiti: c'è Andrea Sarubbi del Pd, Antonio Palmieri del Pdl, Roberto rao dell'Udc, Giacomo Stucchi della Lega, Franco Barbato dell'Idv e tanti altri. Silvana Mura (Idv), non viene nominata e ci resta male. Il tweet parte immediato: «Giornata amarissima oggi. Nella dispensa del convegno su twitter e politica hanno messo quasi tutti i politici tranne me. Disfatta :( ».