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Donne escluse dal tavolo delle riforme

Barbara Saltamartini del Pdl

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«Sono contenta che Alfano, Bersani e Casini si siano confrontati sulle riforme e abbiano previsto un percorso comune. Peccato che in tutta questa discussione manchino le donne». Barbara Saltamartini è vicepresidente del Pdl alla Camera. Una delle deputate più battagliere, forte di una gavetta cominciata da giovanissima in un Municipio di Roma. Da anni lavora sul terreno delle pari opportunità. Quando venerdì scorso i leader di Pdl, Pd e Udc si sono incontrati, accompagnati da una schiera di parlamentari, e hanno condiviso un piano che li porterà nei prossimi tre mesi a disegnare alcune riforme, qualcosa è andato storto. Non soltanto per la Saltamartini, ma per molte esponenti del Pdl. Il problema? A parlare di riforme erano tutti uomini che, ovviamente, si sono ben visti dall'inserire nei progetti misure a favore dell'altra metà del cielo. Onorevole Saltamartini, è rimasta stupita dall'atteggiamento dei tre leader?  «Sì, credevo che il tema della partecipazione femminile fosse ritenuto da tutti molto rilevante. Con il segretario Alfano abbiamo anche avuto un incontro, c'erano pure la Carfagna e la Lorenzin, sulla proposta di legge elettorale per le Amministrative, in discussione in Commissione, che prevede la doppia preferenza, cioè la possibilità di esprimere un secondo voto, scegliendo una persona di sesso opposto rispetto al primo nome scritto». Anche altre parlamentari hanno protestato per l'assenza delle donne al tavolo delle riforme. Invece tantissime hanno fatto finta di niente. L'ha notato? «Certo. Anche le donne sono state poco attente. Mi aspettavo che le esponenti della cultura femminista fossero più tempestive. Invece c'è stato un grande silenzio. Serve una scossa».  Perché sono state disattente soprattutto a Sinistra? Ha una spiegazione? «Non lo so. Soltanto Paola Concia ha mostrato un impegno particolare. Le altre, la Finocchiaro, la Bindi, la Pollastrini, la Turco, non hanno detto una parola. Forse pensano di avere già ottenuto spazi sufficienti. Io penso di no». Crede che nei prossimi due-tre mesi - i tempi che si sono dati i tre leader - voi donne sarete della partita? «Quando Alfano, Bersani e Casini si sono messi al tavolino l'hanno fatto per disegnare in senso più moderno le istituzioni: noi donne dobbiamo entrare in questa discussione».  Il taglio del numero dei parlamentari finirà per penalizzare la politica in rosa? «Sono favorevole alla riduzione dei parlamentari ma è evidente che diminuiranno gli spazi e capisco che qualcuno possa avere anche il timore che a pagare siano le donne. Tuttavia deve prevalere la volontà di esprimere i candidati migliori». Casualmente quasi sempre uomini... «Succede spesso che sia così. Tra l'altro io penso che le donne candidate devono avere alle spalle un percorso politico e superare la dura selezione della classe dirigente». Perché le donne italiane hanno enorme difficoltà a fare carriera in politica? «Perché in Italia non ci sono le condizioni, anche culturali, per fare in modo che le donne riescano a fare quello che desiderano, cioè costruirsi una famiglia e, nello stesso tempo, realizzarsi nel lavoro. E poi i tempi della politica continuano a essere maschili». A proposito di tempi della politica, la governatrice del Lazio, Renata Polverini, conclude le riunioni sempre prima delle 17, proprio per consentire alle donne di partecipare senza troppi sacrifici. Chiederebbe di fare lo stesso anche ai big dei partiti? Magari, nel suo caso, ad Angelino Alfano? «Assolutamente sì. Non è un alibi per non lavorare quanto serve ma si potrebbe usare meglio il tempo. Le riunioni si possono fare benissimo tra le 14 e le 17 di pomeriggio invece che sempre nella tarda serata».  Che ne pensa del governo Monti? Solo tre donne ma in ministeri pesanti... «Mi sarei aspettata una partecipazione femminile più numerosa, anche se è vero che i ruoli che Monti ha affidato alle donne sono importanti. Il ministro Fornero, che ha la delega alle Pari Opportunità, ha detto più volte che vuole impegnarsi su questo terreno. Mi auguro che abbia la possibilità di portare a termine alcune riforme. Si tratta però di una strada in salita perché il governo Berlusconi in tre anni ha fatto molto».  

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