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Il partito dei cattolici frena sull'Ici

Papa Benedetto XVI

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«Vediamo che la decisione del governo di preparare un emendamento sul pagamento dell'Ici da parte della Chiesa ha riportato in superficie il solito rigurgito anticlericale. Ma noi non faremo gli spettatori e crediamo che tutti devono stare molto attenti, a cominciare dall'esecutivo». Sono i parlamentari Maurizio Lupi, Ugo Sposetti, Gian Luca Galletti, Gabriele Toccafoni e Angelo Compagnon a lanciare il segnale. Il mondo cattolico - e lo ha detto più volte il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale - non è contrario a maggiori controlli o a una revisione della norma sull'Ici. Ma, allo stesso tempo, non vuole che questo sia un cambiamento in qualche modo «discriminatorio». Se è vero che il commissario alla Concorrenza Joaquim Almunia (che ha definito l'annuncio di Monti un «progresso sensibile») aveva aperto una procedura di infrazione europea, basata sul sospetto che le agevolazioni fiscali di cui gode la Chiesa in Italia potrebbero configurarsi come aiuti di Stato illegali, è altrettanto vero che i cattolici in politica temono si incorra nel rischio opposto. Ovvero che sia solo la Chiesa ad essere messa nel mirino delle nuove normative. Mentre gli altri enti non profit - regolamentati anch'essi da un tipo di esenzione analoga - continuano magari ad usufruire degli stessi privilegi di prima. L'annuncio di Monti ha così aperto il dibattito politico. Il fronte cattolico è prudente. A partire da Angelino Alfano, segretario del Pdl, che sottolinea che «se il governo ha individuato delle norme non punitive per la Chiesa, le valuteremo con favore. Non abbiamo ancora visto il testo dell'emendamento Ici, ma non abbiamo alcun pregiudizio». In attesa della proposta, quello che si può comprendere dallo scarno comunicato di Palazzo Chigi è che, seguendo la richiesta della Commissione Europea, l'intenzione dell'Italia è di essere più restrittivi rispetto alla normativa vigente. Oggi, i luoghi e gli immobili posseduti da enti senza scopo di lucro godono della presunzione di «non commercialità» quando l'attività commerciale non è considerata prevalente. Dunque, non pagano l'imposta. Con la proposta Monti, non ci dovrebbe essere più la presunzione di non commercialità: in presenza di una qualunque attività commerciale si paga l'imposta, anche se la esercita un ente che fa attività religiose e caritatevoli, come appunto un ente ecclesiastico. Per il leader dell'Udc Pierferdinando Casini «è giusto che gli immobili della Chiesa adibiti ad esercizi commerciali paghino l'Ici: la linea di Monti è ineccepibile».   Cambierà anche la norma sugli enti non profit? Se lo chiede Antonio Mazzocchi (Pdl), presidente dei Cristiano Riformisti, per il quale «sarebbe assurdo se dopo le novità introdotte da Monti vi fosse una disparità di trattamento tra strutture religiose e strutture ricreative». «Non vorremmo mai - aggiunge - che mentre la Guardia di Finanza stesse controllando i libri paga di un oratorio, piuttosto che di un ricovero per pellegrini, a pochi metri vi fosse una discoteca, una sauna gay, o un locale per incontri che con la scusa dell'associazione culturale non solo non paga l'Ici ma non fa neanche scontrini fiscali». Quanto può valere l'Ici sugli immobili ecclesiastici? Il Gruppo di lavoro sull'erosione fiscale ha rilevato in 100 milioni di euro il valore dell'esenzione a tutti gli enti non profit, e dunque non solo quelli ecclesiastici. L'Associazione ricerca e sviluppo sociale (Ares) si è spinta fino ai 2,2 miliardi.   Mentre l'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani fa invece una stima di 600 milioni, che rappresenterebbero - secondo i Comuni, che si riservano dati più precisi sul valore catastale degli immobili finora indicati come utilizzati a fini di culto - il valore del'Ici agli immobili ecclesiastici. Non ci sono indicazioni sul numero esatto degli immobili. L'Anci sostiene che il 20% del patrimonio immobiliare italiano è di proprietà di enti ecclesiastici. Le stime di settore parlano di circa 115mila immobili, quasi 9mila scuole e oltre 4mila tra ospedali e centri sanitari. Per quanto riguarda la città di Roma, le stime parlano di 23mila tra terreni e fabbricati, 20 case di riposo, 18 istituti di ricovero, 6 ospizi. Seguendo il discrimine dell'esclusività dell'attività commerciale dell'immobile, Luca Antonini, presidente della Commissione attuazione del federalismo Imu di 70-80 milioni dal patrimonio ecclesiastico, riferendosi a dati elaborati crociando le dichiarazioni degli enti non commerciali con Irap e Iva. C'è poi da considerare un dato oggettivo: Propaganda Fide e Apsa (il primo dicastero vaticano con un suo bilancio e un suo portafoglio) posseggono, è vero, molti immobili. Ma sono anche il secondo e terzo contribuente tra gli enti non commerciali a Roma.

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