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Società maschilista oscillante tra Belen e l'angelo del focolare

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Diciamolo subito: Belen piace con il suo spacco. Sfido qualunque uomo a sentirsi indignato davanti a questi generosi regali della natura. Il problema semmai è pensare alle donne solo in quel ruolo. Ammettiamolo siamo maschilisti. Anche le donne, a parte alcuni rigurgiti di veterane femministe, non contrastano questa tendenza. Eppure basterebbe guardarci intorno. Negli Usa la Clinton ha sfiorato la presidenza, ma è il segretario di Stato. Il fondo monetario ha una donna, Lagarde, alla guida. E non distribuisce panini nel dopo scuola. La grande Germania è saldamente nelle mani della signora Merkel. E i greci sanno bene quanto sia tenace. Ancora si celebra la Thatcher, il premier inglese che ha segnato un'epoca. Paesi grandi e importanti come Argentina e Brasile hanno donne al comando. E noi? Siamo stati bravi a ideare le riserve indiane, con quelle quote rosa che offendono, perché creano una minoranza da tutelare. Sono i panda della politica, dei Cda. Presenti per legge. Questa è una società al maschile. Lo è nelle radici. Da anni parliamo di parità, poi in realtà restiamo fermi alla retorica dell'angelo del focolare che sta a casa, pensa ai figli, alla famiglia e al marito che, libero da pensieri, può giocarsi le sue carte nella società. La donna che lavora è tutelata? A parole. Nelle scuole pubbliche i bambini vengono sbattuti via alle 16. Se ci sono nonni disponibili e presenti bene, altrimenti ci va la mamma. E a una persona che esce presto dall'ufficio, che deve correre se telefonano perché il bambino ha la febbre quali posti di responsabilità saranno mai affidati? Abbiamo una organizzazione del lavoro in cui più che la qualità della prestazione conta la presenza. Le persone in carriera escono sempre tardi. Non perché abbiano tanto da fare ma per controllare i rivali. Sono orari quasi studiati per escludere il sesso femminile se ha impegni familiari. Così spesso per una giovane che ha ambizioni si pone il drammatico problema: la professione o la famiglia. Le conseguenze si vedono. Nessun partito ha una donna tra i suoi dirigenti di punta. Mai a Palazzo Chigi o al Quirinale. La selezione non è fatta al vertice, ma in basso. Si impedisce, o comunque si ostacola, alla massa femminile di partecipare. Votiamo le quote rosa, per lavarci la coscienza. L'otto marzo accettiamo di restare a casa con i bambini per concedere una serata di libertà alle compagne come fosse l'ora d'aria per i detenuti. Ma poi torna tutto come prima. Non possiamo salvarci l'anima con la Camusso, Fornero o Marcegaglia. Quelle sono l'eccezione non la regola. Per cambiare la regola però non bastano convegni o belle parole, occorrono le strutture. Ma, almeno quelle, facciamole fare alle donne.

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