Il bluff dei deputati. Il vitalizio non si tocca
Nessun parlamentare rinuncia al vitalizio. L'avrebbero potuto fare dal 31 gennaio ma, almeno per ora, non c'è stato un solo onorevole che abbia deciso di approfittarne. È stata la deputata del Pd Rosy Bindi a tagliare la testa al toro e a proporre all'ufficio di presidenza di Montecitorio di approvare una norma per consentire ai deputati di dire addio all'assegno. Una «provocazione» rivolta verso l'Idv e la Lega, continuamente critiche sui costi della politica e i privilegi della Casta. La misura è scattata tredici giorni fa. Ma tutto tace. Eppure in questi anni sono stati tantissimi i parlamentari che hanno tuonato contro i privilegi dei politici, tentando, a parole, di riavvicinare la società civile al Parlamento. Ma nemmeno l'escamotage della Bindi è servito. Anzi alcuni deputati lo ritengono illegittimo. «Non c'è possibilità di rinunciare al vitalizio - dice Antonio Borghesi (Idv), da tempo in prima linea sul tema - Si potrebbero soltanto trasferire i soldi del vitalizio a una eventuale altra posizione previdenziale già in corso. Ma con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo non cambia niente, i parlamentari avranno di fatto gli stessi soldi». Lui ci ha provato ad abolire i vitalizi degli ex e degli onorevoli in carica ma il suo ordine del giorno è stato approvato solo da 22 deputati (498 i contrari). «I vitalizi non esistono più - fanno eco alcuni parlamentari - Il problema è stato risolto con il passaggio al sistema contributivo». Non è così. Infatti se dal 1° gennaio 2012 anche gli onorevoli accantonano i contributi pensionistici come tutti gli altri comuni mortali, in realtà il «sacrificio» per gli attuali inquilini di Camera e Senato è piccolissimo. Deputati e senatori attualmente in carica («eletti» alle Politiche del 2008) avranno lo stesso il vitalizio, anche se l'entità sarà pari alla somma accumulata in tre anni e mezzo (fino, appunto, al 31 dicembre 2011). Prenderanno intorno ai 2 mila euro netti al mese per il resto della vita invece dei vecchi 2.486. Le cose cambieranno dalla prossima legislatura. Ora l'unica vera modifica riguarda l'età. Se prima infatti era possibile ottenere il vitalizio a 50 anni, adesso ne servono 65. A meno che non si abbiano più mandati: in questo caso l'età può scendere fino a 60 anni. È per questo che ventitré ex parlamentari e due in carica hanno presentato un ricorso al Consiglio di giurisdizione, l'organo che ha il compito di dirimere le controversie tra singoli onorevoli e Montecitorio. Unico a fare un passo indietro, il deputato del Pdl Jannone. Tutti gli altri ex (eletti dal 1994 in poi, 15 con la Lega) contestano l'allungamento dell'età per avere l'assegno. Loro sì che avrebbero potuto rinunciare al vitalizio. Ma non ci hanno pensato nemmeno. «C'è un problema normativo, oltre che morale - sintetizza un altro parlamentare che vuole restare anonimo - quelli in carica non possono rinunciare a un diritto che ancora non hanno maturato, quelli vecchi, in quanto ormai fuori dal Parlamento, non hanno alcuna intenzione di farlo. Sono le leggi». Ma le leggi non le fanno loro? Almeno potevano risparmiare agli italiani la beffa del provvedimento lanciato dalla Bindi. Anche se dagli uffici di Montecitorio fanno sapere che per dire addio al vitalizio ci sarà ancora tempo. Fino a che i deputati tuttora in carica diventeranno ex. Chissà che qualcuno non ci ripensi. Ma non è stata solo la Camera dei deputati a provare ad abolire i vitalizi. Alla Regione Lazio, nella Finanziaria del dicembre scorso, è stato stabilito di dare il vitalizio anche agli assessori non eletti ma, contestualmente, è stato approvato un emendamento che consente ai consiglieri di rinunciare all'assegno: 3 mila euro netti al mese maturati dopo una sola legislatura alla Pisana. Per decidere c'era tempo fino alla fine di gennaio. Ebbene soltanto un politico ha presentato la richiesta: l'assessore all'Urbanistica Luciano Ciocchetti. Non ha chiesto di rinunciare all'assegno (ne ha maturati uno da ex parlamentare con due mandati e uno da ex consigliere con altrettanti mandati) ma di diminuirne l'entità, non sommando alla pensione anche questa legislatura. A conti fatti un «sacrificio» da mille euro al mese. Meglio di niente.