Difesa: meno generali più tecnologia

La Difesa si restringe. I tanto annunciati tagli alle forze armate sono arrivati. Il ministro-ammiraglio Giampaolo Di Paola, nello stile asciutto e stringato che lo contraddistingue, ha illustrato, a grandi linee il riequilibrio dello strumento militare: «i dettagli li riferirò alla Commissione parlamentare», ha detto il ministro della Difesa. Il programma è stato illustrato ieri in Consiglio dei ministri dopo avere avuto l'ok dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano nel Consiglio supremo di Difesa di giovedì scorso. «Rendere più efficiente la macchina con le risorse che ci sono». È questo l'obiettivo della riforma dello strumento militare presentata ieri in Consiglio dei Ministri da Giampaolo Di Paola. Strumento che, così com'è oggi, «è sovradimensionato e sottocapitalizzato. Qui non si tratta di ideologie, ma di fatti - ha premesso in conferenza stampa il ministro - In Europa ogni 100 euro di ricchezza 1,6 vanno alla Difesa, in Italia ogni 100 euro alla Difesa vanno 90 centesimi. Ma mentre in Europa il 50 per cento di questi 1,6 euro va al personale e l'altro 50 per cento all'operatività, in Italia il 70 per cento dei 90 centesimi viene assorbito dal personale e solo il restante 30 va all'operatività». Morale: «serve una riforma che bilanci le risorse che il Paese mette a disposizione. I soldi sono questi, resteranno questi e vanno spesi bene». Quella illustrata in Consiglio dei ministri, (e che oggi approderà in Senato), «è una riforma che incide su molti aspetti», frutto di «scelte programmatiche coraggiose, e anche dolorose, che richiedono il massimo di attenzione per il personale coinvolto». Sono, infatti, troppi i 190mila militari previsti dalla legge 331 del 2000, soprattutto tenendo conto del calo di stanziamenti negli ultimi anni per il settore: tre miliardi di euro in meno nel triennio 2012-2014. Nel mirino del ministro gli alti gradi: i generali sono ben 425. Mentre c'è carenza di volontari in servizio permanente, la cosiddetta truppa. Elevato anche il numero di marescialli, addirittura 55mila rispetto ai 25mila previsti. L'obiettivo è arrivare a uno strumento militare composto da 140-150mila unità nel giro di pochi anni, rispetto ai 178mila effettivi attuali. Quindi, «Meno generali e ammiragli e più operatività» è lo slogan nel quale Di Paola riassume la sua manovra. Una riforma nata anche sulla spinta dell'attuale congiuntura economica. «I sacrifici e le riforme che il governo propone agli italiani - ha detto Di Paola - vengono fatti non perché imposte dall'Europa, ma perché servono al nostro Paese», ha detto, aggiungendo che anche la riforma della Difesa va in questo senso. Di Paola ha citato una frase di Gramsci: «per essere cosmopoliti, bisogna prima avere una patria». E allora «io dico: per essere più europei nella Difesa domani, bisogna essere più italiani oggi». L'Italia, poi, aggiungendo la revisione dello strumento militare si pone, comunque «nel solco della realtà europea» del mutato scenario internazionale. «La sicurezza - ha poi proseguito - non può essere soltanto assicurata sui confini fisici della Nazione: oggi per essere più europei occorre realizzare uno strumento militare in grado di convergere con gli altri sistemi europei». Incalzato sugli aerei F-35, il ministro è stato chiaro. «Il programma di acquisto degli F-35 da parte dell'Italia è stato rivisto per motivi di equilibrio finanziario, ma i caccia-bombardieri prodotti dalla Lockheed Martin restano, comunque, un punto essenziale nel modello di difesa italiano». Gli F-35 ordinati da Italia, Olanda e Norvegia saranno assemblati nello stabilimento di Cameri (Novara) da Finmeccanica. Cameri dovrebbe diventare anche uno dei 3 centri mondiali di manutenzione del caccia di quinta generazione. Ridurre le commesse vuol dire ridurre anche il lavoro per l'Italia. Il nostro Paese aveva in programma di acquistare 131 F-35, una parte dei quali destinati alla nuova portaerei Cavour, ma da tempo si discute della possibilità di ridurre la commessa per motivi di tagli al bilancio: probabilmente il numero scenderà a 90. Ieri la Casa Bianca ha annunciato un rinvio nell'acquisto degli aerei per un taglio di circa 15 miliardi di dollari.