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«Pronti a ridurre i parlamentari»

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Intesa tra Pdl, Pd e Udc sulle riforme: meno spese e più poteri al premier

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Cioèda Alfano, Bersani e Casini, che ieri si sono incontrati e hanno dato il via libera alle riforme: riduzione del numero dei parlamentari, introduzione dei meccanismi per la sfiducia costruttiva, potere di nomina e di revoca dei ministri da parte del presidente del Consiglio e superamento del bicameralismo perfetto. I tempi saranno ristretti, visto che il processo di riforma costituzionale prevede una doppia lettura sia alla Camera che al Senato a distanza di tre mesi l'una dall'altra. Per questo è stato preparato un calendario che prevede la conclusione della fase istruttoria e la presentazione di un testo condiviso in Parlamento entro due o tre settimane. Dopo la prima lettura verrà incardinata la legge elettorale e, successivamente, si arriverà alla seconda lettura in autunno per completare l'iter entro dicembre-gennaio. «Oggi con Bersani e Alfano abbiamo raggiunto un'intesa per la riforma costituzionale, che a partire dalla riduzione del numero dei parlamentari aprirà una fase di autoriforma dei partiti - spiega il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini - Dopo le parole passiamo ai fatti, e oggi questo tema ci consente di raggiungere nuovi traguardi». Deciso anche il segretario del Pdl, Angelino Alfano: «Sulle riforme andremo avanti perché servono all'Italia. Pensiamo che l'Italia abbia bisogno di istituzioni più efficaci, con riflessi più pronti per rispondere alle esigenze della crisi. Le decisioni devono diventare subito operative e occorre la riforma delle istituzioni proprio per questo». Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, conferma: «Sì, c'è un'intesa sulla riduzione del numero dei parlamentari e anche sulla riforma del bicameralismo perfetto». Ora il Parlamento deve «prendere il ritmo». E se il presidente del Senato, Renato Schifani, precisa che l'incontro fra i tre segretari «è senza dubbio una forte accelerazione, che occorre trasferire in Parlamento», si dice anche «fiducioso» sui tempi: «Con un po' di buona volontà ce la possiamo fare». Soddisfatto anche il numero uno della Camera, Gianfranco Fini: «Spero di non peccare di ottimismo affermando che, sul versante delle riforme, ci sono segnali positivi: il confronto tra le forze politiche si è avviato dopo una fase di assoluta incomunicabilità e si stanno registrando delle importanti convergenze». Segnali positivi, per Fini, che «si registrano sia sulla riduzione del numero dei parlamentari sia per quanto riguarda un diverso assetto del nostro sistema bicamerale. Necessariamente - ha aggiunto - si dovrà dare corso anche a una riforma della legge elettorale. Manca un anno e qualche settimana al termine della legislatura, i tempi ci sono». Secondo il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, «per le riforme si segue un percorso logico come aveva auspicato il Pdl trovando condivisioni sul percorso. Si parte dalla Costituzione, per un cambiamento reale che preceda l'esame della legge elettorale. La governabilità delle istituzioni è un obiettivo primario ed è il primo modo per dare un senso reale al voto del cittadino». Ma restano dubbi: «Se Alfano e Casini ci assicurano che si è deciso addirittura di partire subito col taglio dei parlamentari verrebbe da dire che l'accordo sulle riforme è arrivato alla ciccia, anzi diciamo all'osso. Bene il taglio. Si potrebbe tuttavia sapere quanti, e quando?» spiega Arturo Parisi (Pd), che aggiunge: «Non vorrei che, partiti questa estate con la richiesta ineludibile di ridurli alla metà, tagliando 1 parlamentare su 2, dopo aver già arrotondato in pochi giorni il taglio ad 1 su 5, si finisse a tarallucci e vino tagliandone come si sente, 1 su 10. Non vorrei che, partiti per placare l'antipolitica, si finisse all'opposto per alimentarla. È meglio misurare le promesse». Scettico anche Marco Follini (Pd): «Raggiunto l'accordo A+B+C su riforme e legge elettorale? Un forte auspicio è d'obbligo. Un po' di scetticismo pure». Attacca Sel: «Troviamo molto singolare che il percorso delle riforme parta ufficialmente dai tre partiti che sostengono anche la maggioranza di governo», dice Gennaro Migliore. «Per noi di Sel - continua - il percorso dovrebbe essere più inclusivo. Del resto noi siamo stati tra i promotori del referendum elettorale perché credevamo e crediamo nella funzione rigeneratrice della partecipazione che gli accordi tra stati maggiori non favoriscono di certo». Il capogruppo di Api alla Camera, Pino Pisicchio, suona la carica: «Il clima che si è creato tra i partiti per accelerare sul necessario processo di riforme è il miglior effetto collaterale dell'avvento del governo Monti. Dobbiamo utilizzarlo con intelligenza e spirito collaborativo, sapendo che è l'ultima spiaggia per la credibilità della politica». Infine Nunzia Di Girolamo (Pdl) precisa: «Condivido le preoccupazioni della Saltamartini, della Ravetto e delle tante altre colleghe sul rischio che in questo dibattito il grande assente sia il tema della rappresentanza femminile in politica. Propongo, dunque, alle responsabili delle pari opportunità di tutti i partiti di avviare le stesse consultazioni, di cui il Popolo della libertà si è fatto carico in questi giorni, per arrivare ad una proposta condivisa sulla presenza della sottorappresentata componente femminile all'interno dei sistemi elettorali».

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