Un altro giro in carrozza
La politica genera la propria crisi dal suo interno e non vuole prendere atto del fatto che sia giunto il momento di cambiare. Il livello di fiducia nei partiti è rasoterra: l'ultimo sondaggio dell'Ispo di Renato Mannheimer per il Corriere della Sera dice che solo l'otto per cento dei cittadini ha fiducia nei partiti, contro un novantuno per cento che ne ha pochissima e un restante uno per cento agnostico. Se fossi un professionista della politica, mi preoccuperei per il mio futuro. Ma il Palazzo fa altri ragionamenti, segue il proprio istinto di autoconservazione, il peggior consigliere in questa fase storica. Così i partiti restano tra l'incudine e il martello: la contemporaneità lancia sfide che richiedono rapidità e coraggio, ma le istituzioni sono lente e in Parlamento i cuor di leone non abbondano. Su questo scenario difficile la crisi economica ha piazzato un altro ostacolo insidioso: l'antipolitica. In origine era collocata nella trincea dell'antiberlusconismo, poi è diventata anti-tutto e i segnali che è forte e in grado di distruggere qualsiasi movimento sono chiari. Quello che sta accadendo nelle primarie del Partito democratico ne è un esempio. I candidati di Bersani perdono con regolarità impressionante le sfide sul territorio. Chi vince è un'eccezione oppure ha il vantaggio di correre in zone del Paese dove regge ancora l'organizzazione che fu del Pci. Il resto è disgregazione, faida interna, sorpasso da parte di movimenti che danno voce al disagio senza preoccuparsi di essere un'alternativa. Nel centrodestra si è aperto un dibattito sulle primarie, su futuro dei tecnici (Passera e Monti) e sul candidato a Palazzo Chigi nel 2013. Certezze? Non pervenute. Il partito più forte? Quello dell'astensione. Il governo Monti è paradossalmente figlio dell'antipolitica, ma poteva essere un'occasione per riformare i partiti e dare un assetto istituzionale migliore al Paese. Finora sono state prodotte solo molte chiacchiere, un tentativo di cambiare la legge elettorale e poi buio fitto sul resto. Mancano quindici mesi alla fine della legislatura, alternative a Monti non ce ne possono essere, ma questo non significa che la politica chiude e i partiti vanno in letargo. Dovrebbero produrre idee sul cambiamento del Paese senza attendere che qualcuno gliele detti, lavorare sul territorio e proporre un pacchetto di riforme bipartisan. Non si vive di sola legge elettorale. Tagliare i parlamentari, chiudere l'era del bicameralismo perfetto, dare qualche potere in più al governo sarebbe una scelta saggia. Niente. Preferiscono tenersi il vitalizio, sperando di farsi un altro giro. Sono senza ruote e cavalli, ma tragicamente in carrozza.