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Lo Stato gioca alle tre carte

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C'è un lento e progressivo sopore dei gruppi parlamentari e, forse, di larga parte dell'informazione nel valutare la legislazione prodotta dal governo Monti. Sembra, infatti, che il parlamento sia in preda ad un'ebbrezza che a quanti politicamente sostengono il governo fa vedere che "tutto va bene madama la marchesa" mentre quanti vi si oppongono sembrano in preda ad ubriachezza molesta. I primi non si accorgono degli svarioni presenti nei provvedimenti adottati dal governo, i secondi sono contro per principio senza notare gli aspetti positivi del governo, a cominciare dai suoi successi internazionali non ultimo quello negli Stati Uniti. Noi che sin dal primo momento abbiamo spiegato che non c'è alternativa al governo Monti vista la crisi della politica italiana, abbiamo anche sostenuto, però, che chi vuole difendere Monti lo deve aiutare non con il servo encomio ma sottolineandogli i suoi errori. Per parte nostra continueremo a fare così, insensibili come siamo agli applausi e agli insulti di chi ha alzato un po' il gomito come dicevamo scherzosamente prima. Questa volta parliamo di un tema caldissimo, quello del mancato pagamento della pubblica amministrazione dei debiti contratti con i propri fornitori di beni e servizi. Come si sa il debito è notevolissimo (alcune stime parlano di 70 miliardi di euro che le imprese vantano dallo Stato, da Regioni, Comuni e Provincie) e molte imprese sono sull'orlo della chiusura per una illiquidità drammatica. Il governo, dinanzi alla crescente protesta delle organizzazioni imprenditoriali ha inserito nel decreto sulle liberalizzazioni alcune norme per pagare subito almeno una piccola parte dei propri debiti e cioè 5,5 miliardi di euro. Una boccata di ossigeno che non blocca, però, l'asfissia finanziaria delle imprese italiane. Ma c'è di più. Dinanzi a una tragedia di questo livello il governo per dare quella sorta di piccola anticipazione alle imprese in sofferenza, e cioè poco più di 5 miliardi di euro, per due di questi miliardi offre titoli del debito pubblico che, una volta portati in banca, valgono l'80% come collaterale per anticipazioni, o se venduti, valgono meno del loro valore nominale. Ma non è finita. La fantasia tecnica, infatti, ha steso al tappeto quella della politica vecchia e nuova. Oltre 3 miliardi dei 5 stanziati per pagare i crediti alle imprese il governo li recupera dalla contabilità speciale nella disponibilità della Agenzia delle entrate dove vi sono risorse allocate per restituire ai contribuenti i loro crediti d'imposta (articolo 35 del decreto sulle liberalizzazioni). Non sgranate gli occhi, è proprio così, per pagare alcuni creditori si prendono i quattrini accantonati per pagare altri creditori e cioè quei contribuenti che hanno, per l'appunto crediti d'imposta. Per dirla in maniera brutale si cambia solo creditore. Tutto qua. Se questa misura l'avesse fatta un governo politico di destra, di centro o di sinistra, la stampa l'avrebbe subito definita "il gioco delle tre carte". In realtà lo è e se lo evidenziamo è solo per dire al presidente del consiglio che una norma di questo genere non fa onore al governo e non allevia le difficoltà delle imprese perché molto probabilmente diverse aziende che avanzano quattrini dalle amministrazioni centrali dello Stato sono le stesse che aspettano di vedersi restituiti i crediti d'imposta. Ci fermiamo qui perché noi siamo tra quanti ritengono giusto, in questa drammatica contingenza internazionale, sostenere e difendere il governo ma vogliamo dare un avviso ai naviganti. La storia insegna che dopo il servo encomio arriva sempre il codardo oltraggio e che non sempre la grande stampa di informazione rappresenta il popolo, i suoi bisogni e i suoi umori. Evitare svarioni, illusioni o giochi come quelli che abbiamo descritto, è, invece, il vero interesse del governo e del paese.  

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