Finito il bluff serve un Monti per la cultura

Dove sono finiti gli intellettuali che durante la stagione del Berlusconi di governo incitavano alla lotta, alla fine del Cavaliere nero e all’avvento di un’era di felicità mai conosciuta prima di allora? Sono spariti. Il loro bluff è finito. Hanno avuto un bagliore grazie al loro essere «anti-» ma, concluso quel ciclo politico, delle loro opere resta poco e degli slogan ancor meno. In realtà, non avendo mai compreso la realtà ieri, non la possono interpretare oggi. Perfino uno come Roberto Saviano, che ha avuto un successo strabiliante con un romanzo come Gomorra, spesso sembra un disco rotto. Il governo Monti ha realizzato una «pax parlamentare» che ha rivelato le insufficienze della politica e scaricato anche i fucili di chi, con le parole, si divertiva a creare un mondo virtuale che con il cambio di guida a Palazzo Chigi è evaporato. Se leviamo dal mazzo due sublimi polemisti come Eugenio Scalfari e Giuliano Ferrara - che restano, anche quando sbagliano, di un altro livello culturale - sul tavolo da gioco del mercato delle idee resta solo polvere da sparo bagnata di inattualità. Eppure gli argomenti sui quali esercitarsi non mancano: la crisi dell’Europa e dell’Euro, l’atomizzazione della società, le trasfigurazioni in corso di città come Roma e Milano, il divario generazionale, i padri che hanno bruciato il lavoro e la pensione dei figli mentre questi ultimi non vogliono uscire dall’età dell’innocenza, il dramma di un paese agricolo che ha dissipato l’agricoltura senza riuscire ad essere pienamente industriale, il ruolo della Chiesa di Roma non più motore della maggioranza politica e delle minoranze sociali, la nascita di microcosmi di migranti senza contatto con l’Italia e gli italiani, il Paese neocorporativo asserragliato nella trincea del clan. Tutti questi temi, seppur di grande portata, non sono riusciti ad accendere la fantasia degli intellettuali. Non hanno prodotto grandi libri, romanzi che alimentino un dibattito pubblico degno di tal nome, film che creino un immaginario e una realtà in cui ci si identifichi. La crisi della nostra produzione letteraria e cinematografica è sotto gli occhi di tutti. Ma questo grado zero della creatività è anche lo specchio di un malessere profondo che non era circoscritto, come si voleva far credere, al solo establishment di governo o imprenditoriale. Gli intellettuali sono assenti per incapacità manifesta di cogliere l’essenza del presente e reinterpretarlo, dargli un senso, tracciare una via. Dov’è il Flaiano dei giorni nostri? Semplicemente non esiste, o meglio, non è emerso perché tutto lo spazio del dibattito è stato polarizzato dallo scontro politico, dalla furia del tazebao e non dalla grazia della creazione che poi diventa emozione collettiva. Servirà un Monti anche per la cultura?