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I partiti guardino al bene del Paese

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Forse non cambierà la vita dei cittadini, non influirà sullo spread, non ridarà all'Italia la tripla A, eppure è un segnale. Timido, incerto, ma fa nascere la speranza per una nuova fase politica, meno rissosa e più concreta. Arriva dagli incontri per la riforma della legge elettorale in cui Pd e Pdl sembrano intenzionati a ricercare un accordo. Per i nostalgici della rissa, per coloro che hanno bisogno di individuare nell'avversario il male assoluto, è solo un inciucio. Sottacendo che lo scontro porta alla paralisi per quelle riforme della politica e delle istituzioni, invocate e mai realizzate. L'inefficienza della macchina politica va di pari passo con il blocco degli interventi per modernizzare il Paese. È vero che l'emergenza neve in Italia è stata particolare, fuori dalla norma. Ma ha fatto venire alla luce tutte le debolezze del sistema. Ferrovie, energia, trasporti, perfino l'organizzazione della protezione civile, tutto è risultato inadeguato, carente, in qualche caso perfino fatiscente. Le nostre infrastrutture, la spina dorsale del Paese, sono inadeguate. Nell'emergenza e anche per garantire una ripresa economica. Non facciamo centrali, ma dipendiamo dalla Francia, dalla Russia, dalla Libia ecc. Con quale sicurezza?   Così le polemiche tra amministratori locali e protezione civile, tra questi e ferrovie sembrano tutte dispute da polli di Renzo. Tutti hanno ragione e tutti torto, perchè il problema di fondo è quello di modernizzare il Paese. Non è una questione che riguarda una maggioranza o l'altra. Alcuni punti chiave per il benessere dei cittadini dovrebbero uscire dai quaderni della propaganda. Dovrebbero essere un obiettivo comune. E se cambia una maggioranza quella che viene dopo non può rimettere tutto in discussione. Invece avviene così. Prendete il Ponte sullo Stretto: a ogni legislatura si ricomincia da capo. Per questo alcuni punti fermi dovrebbero essere condivisi. Questa occasione può offrirla il governo Monti almeno finchè non si entrerà nel vivo della campagna elettorale. Per questo la possibile intesa su una riforma elettorale può accendere un lumicino di speranza. Le regole del gioco non si possono cambiare a colpi di maggioranza, ma dai giocatori. Per dare stabilità. Dal '90 ad oggi quante volte sono cambiate le leggi elettorali? Tante. Francia, Germania, Inghilterra continuano a votare nello stesso modo. Sarebbe ora che anche da noi si partisse dall'esigenza di una riforma che garantisca la governabilità, riavvicini i cittadini alla politica consentendo la scelta dei rappresentanti. E questo obiettivo può essere raggiunto solo da un accordo tra i principali partiti, liberi di decidere senza la minaccia dell'alleato minore che sentendosi penalizzato minaccia crisi o altro. Oggi non c'è questo pericolo. Pd e Pdl ne approfittino. È la prima volta nella storia della Repubblica italiana che nessuno dei due maggiori partiti è al governo del Paese. Un'anomalia non c'è dubbio. Ma è anche l'opportunità per fissare regole senza troppi lacci. È un lumicino di speranza, perché dalla legge elettorale si può anche passare ad altre riforme più impegnative che riguardano la politica e le istituzioni. Molto si dovrà rinviare alla prossima legislatura, ma le premesse per un grande accordo possono essere poste ora. Abbiamo avuto infiniti appelli alla concordia nei mesi precedenti, sono caduti nel vuoto. Ci voleva il rischio, non ancora del tutto scongiurato, del fallimento del Paese per dar vita a una collaborazione, fin qui costruttiva, nell'interesse dei cittadini. E diamo atto al Pd e soprattutto al Pdl che le ultime elezioni le aveva vinte e che in Parlamento ha pur sempre la maggioranza, di aver limitato al minimo la critica e le polemiche e di sostenere Monti. Di farlo pur dovendo ingoiare qualche boccone indigesto e magari correndo anche il rischio di perdere consensi a vantaggio di chi cavalca la demagogia solo per qualche voto in più. Questa prova di responsabilità ora ha bisogno di uno scatto in più. Ha bisogno di costruire un terreno comune, per il bene dell'Italia, che resista anche domani. Un terreno dove confrontarsi per snellire le nostre istituzioni, per modernizzare la Costituzione. Berlusconi parlò in modo suggestivo di governo del fare. Ma per un governo del fare non bastano bravi ministri. Serve altro. Servono strumenti e riforme. E quel terreno di collaborazione deve servire anche a procedere a grandi passi verso la modernizzazione del Paese. Strade, autostrade, porti, ferrovie, centrali elettriche, rigassificatori, centri smaltimento rifiuti non sono di sinistra e nemmeno di destra. Sono solo necessari come uno Stato che funzioni.

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