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Pressing di Monti sull'articolo 18

Il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Elsa Fornero

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Entra nel vivo la trattativa per la riforma del mercato del lavoro. Contatti tra le parti sociali e il governo ci sono stati in tutto il fine settimana verificando una sostanziale convergenza sulla necessità di implementare gli ammortizzatori sociali e la formazione ma ancora una distanza siderale sul contestato articolo 18. Il governo non ha rinunciato ad intervenire sulle flessibilità in uscita come il premier Monti e il ministro del lavoro Fornero hanno fatto intendere in modo più o meno esplicito. Ma in modo altrettanto netto la Cgil su quel tema non sente ragioni. L'articolo 18 non fa parte delle trattativa ha ripetuto il leader della Cgil Susanna Camusso. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni sta svolgendo una serrata azione diplomatica per costruire un punto d'incontro tra le diverse posizioni. Non a caso ha rilasciato un'intervista al Sole 24Ore nella quale mostra un'apertura. «Sull'articolo 18 «siamo disponibili a una robusta manutenzione, ma non all'abolizione che indebolirebbe le tutele dagli abusi e dalle discriminazioni».   In sostanza Bonanni chiede di tirare fuori dal tema dell'articolo 18 questioni come i licenziamenti economici, «nella parte che si presta a distorsioni in caso di ricorso alle vie giudiziarie». Il che significa intervenire per ridurre i tempi dei ricorsi. Bonanni sottolinea che da anni parla con gli imprenditori di tutto il mondo e «non ho mai sentito dire che non investono in Italia a causa dell'articolo 18». Quindi non ha alcun fondamento reale quello che Monti dice, cioè che gli investimenti esteri sono ostacolati dall'impossibilità per un'impresa di licenziare con facilità. Piuttosto il vero ostacolo, secondo il leader della Cisl, «sono i tempi infiniti della giustizia, il livello di tassazione, il costo dell'energia esorbitante, le infrastrutture insufficienti e la corruzione». Tutti fattori che non hanno nulla a che vedere con l'articolo 18. Ma questo tema sembra diventato una sorta di punto d'onore per Monti che sulla crescita si è speso in prima persona all'ultimo vertice di Bruxelles e quindi non può mancare l'impegno preso. Tanto più che anche la Spagna sta per varare una riforma del lavoro. I tempi di Madrid dovrebbero essere molto stretti (metà febbraio) e c'è l'orientamento di arrivare a un contratto unico non nel senso letterale del termine ma sfoltendo la miriade di formule tutt'ora esistenti. Lo stesso che Monti vorrebbe fare. Di qui il pressing a ridurre i tempi della trattativa ponendo come deadline marzo. Il premier non vuole dare l'impressione di essere al traino della Spagna. Anche lì inoltre si discute di flessibilità in uscita anche se, non essendoci l'articolo 18, la discussione è centrata sull'indennizzo al licenziamento. Ma soprattutto anche il governo di Madrid ha messo in chiaro alle parti sociali che esaurita la trattativa varerà comunque la riforma. Monti quindi vorrebbe arrivare prima del collega spagnolo perchè questo aumenterebbe il suo rating presso Bruxelles. Italia e Spagna sono osservati speciali sul fronte occupazionale. Ma i sindacati non intendono mollare sul posto fisso.   Ieri un'indagine Istat ha messo in evidenza che tra gli under 25 dipendenti il 47% è a termine; percentuale molto più elevata rispetto a quella degli adulti (8% per gli over 35). Il punto di partenza della precarietà in Italia è già notevole e di certo lieviterebbe se allo zoccolo duro dei 2,7 milioni dei senza posto fisso si aggiungesse tutto il vasto sottobosco di rapporti di lavoro ancora più «deboli», per non parlare delle forme di abuso, a cominciare dalle cosiddette «false partite Iva». I dipendenti a termine nel terzo trimestre del 2011 sono cresciuti, su base annua, del 7,6% (+166 mila persone) e l'incidenza del lavoro a tempo sul totale degli occupati ha raggiunto, stando a dati Istat, il 10,3%. La prossima settimana Monti riprenderà in mano anche l'agenda internazionale. Oggi incontrerà il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria mentre giovedì e venerdì è atteso negli Stati Uniti, dove si recherà per la prima volta in veste di presidente del Consiglio. In particolare, il 9 sarà alla Casa Bianca per un incontro con Obama: «Italia e Stati Uniti sono alleati nella Nato e si coordinano in modo costante su una vasta gamma di priorità regionali e globali», si leggeva nella nota con cui la Casa Bianca dava annuncio della visita. Obama intende consultarsi con Monti in vista dei meeting G8 del 2012 e dei summit della Nato che gli Stati Uniti ospiteranno a Chicago e vuole discutere con il presidente del Consiglio gli sviluppi della situazione in Medio Oriente e Nord Africa. Ma soprattutto Obama vuole fare con il premier il punto sull'evoluzione della crisi in Europa e in Italia. Un tema sensibile per il presidnete americano che su questo si gioca anche parte della sua rielezione.

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