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Il Flop della seconda Repubblica

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Pier Luigi Bersani (S) e Luigi Lusi in una foto del 2008 presa dal suo sito ufficiale

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È tempo di prenderne atto. La seconda repubblica è stata un disastro sul piano politico, economico, sociale e istituzionale. Per cultura antica siamo sempre prudenti nei giudizi e nelle parole e poco inclini a generalizzazioni, ma della seconda repubblica è davvero difficile salvare qualcosa. Sul piano politico il trionfo dei partiti personali ha fatto eleggere in Parlamento persone più fedeli che meritevoli e spesso digiune di politica, amici di infanzia o compagni di scuola, segretarie e portaborse, un po' di pubblici ministeri che avevano reso qualche servizio, un nugolo di signorine e signorini che con la politica, le sue passioni e le sue visioni del paese non avevano nulla a che fare. E l'orgia lideristica e proprietaria ha fatto crollare verticalmente l'etica politica nella vita interna dei partiti. Non v'è più traccia di democrazia, né al centro né in periferia, e quanto è accaduto con il tesoriere della Margherita, il senatore Lusi, testimonia in maniera irreversibile il degrado cui sono giunti i partiti, veri o presunti, cresciuti nel culto della personalità di capi e di capetti. E pensare che molti dei protagonisti di oggi per 20 anni hanno sparlato della prima repubblica ricca di statisti e di leader politici la cui unica grave responsabilità fu quella di non aver liberalizzato il finanziamento privato della politica. Pensiamo per un solo momento alle figure dei segretari amministrativi dei grandi partiti di massa della prima repubblica. Severino Citaristi, Vincenzo Balzamo, Marcello Stefanini e Renato Pollini, tanto per citare i maggiori, al controllo di legalità non sono mai stati accusati di aver usato risorse del partito per interesse personale o del segretario pro-tempore della propria forza politica. Quei partiti così svillaneggiati e messi alla gogna da quanti, in pochi anni, sono diventati proprietari di molte case e di grandi risorse, ricevevano dalle finanze pubbliche un quinto di quanto ricevono oggi questi simulacri di partiti. E quelli di ieri erano partiti veri, con grandi culture alle spalle, con sedi centrali e periferiche, con centinaia di dipendenti e con una classe dirigente profondamente radicata nel territorio. Sul piano economico il disastro è sotto gli occhi di tutti. Quanti hanno pensato di poter nascondere la propria inconsistenza di governo dietro l'alibi del debito ereditato, sono stati sbugiardati dalle cifre e dai racconti che oggi stanno emergendo. Noi stessi abbiamo ricostruito da queste colonne il debito pubblico degli ultimi 30 anni senza registrare alcuna smentita. Oscar Giannino, la cui autorevolezza è riconosciuta da tutti, in un convegno, ha snocciolato numeri e dati della seconda repubblica che hanno messo al tappeto la supponenza di politici e di economisti che per 20 anni hanno oltraggiato quelle formazioni politiche che hanno sempre fatto crescere l'Italia battendo, nel frattempo, il terrorismo e riparando i guasti economici del 1968. Dal 1995 l'Italia non cresce più e quella politica che voleva rappresentare il nuovo mettendo in soffitta le culture politiche di appartenenza, ha appaltato ai tecnici e ai professori il governo dell'economia italiana e questi hanno fatto lievitare il debito e crollare l'occupazione svendendo nel contempo gran parte del patrimonio societario pubblico. I risultati ottenuti dopo 20 anni si commentano da soli e sono tali che i partiti, per la prima volta in Italia e in Europa, sono fuggiti dal loro primo dovere, quello di governare il paese, mettendo l'intero governo nelle mani di altri autorevoli professori. Sul piano istituzionale sinanche i più sfegatati tifosi del sistema maggioritario e lideristico parlano oggi del ritorno al sistema elettorale proporzionale e del rilancio della democrazia parlamentare. Uno sfarinamento istituzionale con una legislazione confusa che ha messo tutti contro tutti, ha creato un macigno di ingovernabilità che non sarà facile rimuovere nel breve tempo. Intanto cresce e si ingrossa un fiume carsico di protesta sociale e civile che se non si ferma in tempo produrrà un vero e proprio terremoto che rischia di azzerare partiti, istituzioni e governo. È tempo che i protagonisti politici di oggi smettano di vivere solo di tattica, ritrovino con umiltà le proprie culture di riferimento aggiornandole per le sfide che hanno di fronte e ricomincino ad offrire una visone strategica dell'Italia e dell'Europa indicando al paese un orizzonte di crescita civile, economica e democratica se non vogliono essere spazzati via. Piaccia o no, ai giovani come agli adulti, la nostra democrazia appare sempre più governata da un'oligarchia pressapochista e dalla finanza e, spiace dirlo, lo stesso profilo di qualche ministro dell'attuale governo rischia di esserne a sua insaputa, una drammatica conferma.

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