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Il Pd spezza la Margherita

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Luigi Lusi in una foto del 2008 presa dal suo sito

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Tredici milioni scomparsi e due notizie. La prima, quella politica, è l'espulsione («cancellazione dall'albo degli eletti e dall'anagrafe degli iscritti» è la complicata definizione democratica) di Luigi Lusi dal Pd, decisa all'unanimità dal Comitato di garanzia del partito e giudicata «infamante» dall'ex tesoriere. Anche se, a pensarci bene, avrebbe fatto più notizia se i garanti, uno accusato di aver fatto sparire quasi 13 milioni di euro dalle casse dell'"ei fu" Margherita, avessero deciso di tenerselo. L'altra, legata più che altro alle indagini, (ma destinata a fare "morti e feriti" nel Palazzo) è che è scattato il si salvi chi può. I conti, infatti, adesso non tornano anche per chi - a tempo debito - era incaricato di controllarli. «Abbiamo scoperto una serie di artifici contabili. Dei fagioli fatti passare per patate. Per questo, siamo andati dai pm e abbiamo detto ciò che siamo riusciti ad evidenziare». A parlare, lasciando il palazzo di giustizia, sono Gaetano Troina, Giovanni Castellani e Mauro Cicchelli, i tre revisori dei conti che, nel giugno 2011, firmarono la "Relazione del collegio dei revisori dei conti sul rendiconto chiuso al 31 dicembre 2010 Democrazia e Libertà - La Margherita". I tre si sono presentati al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pm Stefano Pesci, titolari dell'indagine sull'ex tesoriere del partito accusato di appropriazione indebita, perché - a distanza di anni e dopo un esame più accurato - si sono accorti che «dietro a certe cifre c'era un'altra verità». «Per noi le cose che non vanno sono cominciate dal 2007 - spiega Troina - Quando è esploso il caso Lusi siamo saltati sulla sedia, perché abbiamo capito di esser stati tratti in inganno». I tre revisori dei conti sottolineano come, in realtà, loro non hanno le funzioni ispettive di un collegio dei sindaci di una società. «Come revisori, controllavano la destinazione dei contributi per i rimborsi elettorali, non vedevamo le spese conclusive», si difendono. Ecco perché - spiegano - non si sono accorti prima di quello che non andava: «Dovevamo seguire il corretto accreditamento dei contributi elettorali. La società TTT (quella di Lusi, ndr) non era mica evidenziata. Non potevamo capire prima se a una indicazione corrispondeva una cifra che è poi tutt'altra», ripetono. Adesso chi lo sente Rutelli? ci si chiederà. E invece no. La testimonianza resa dal Collegio dei revisori ai Pm viene accolta come «una pagina molto positiva» dai tre responsabili della Margherita, il presidente Rutelli appunto, Enzo Bianco (presidente dell'Assemblea federale) e Gianpiero Bocci (presidente del comitato di tesoreria). «Abbiamo ricevuto domenica sera i risultati dell'indagine analitica dei Revisori, che fa luce sulle tecniche di artificio e occultamento, una vera e propria doppia contabilità, nei bilanci della Margherita operate dal tesoriere Lusi - dicono - Abbiamo quindi chiesto loro di trasmettere subito tutti i documenti ai Pm. Ci pare importante l'accertamento inequivocabile degli ammanchi nell'arco di cinque anni (2007-2011). Proseguiremo con gli accertamenti interni, attraverso la due diligence - concludono - confermiamo la volontà di andare fino in fondo per il perseguimento delle responsabilità e il recupero del maltolto». Sarà. Intanto, forse, c'è una terza notizia. Il portavoce di Matteo Renzi ha precisato ieri che Lusi «non ha dato alcun sostegno economico all'evento Big Bang che si è svolto alla Leopolda nell'ottobre scorso ma - ha sottolineato - solo un sostegno politico». Lusi, insomma, voleva rottamare il Pd. Sai com'è: anche un partito "rottamato" conserva dei vantaggi.

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