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Pioggia di soldi (nostri) sui partiti

Una veduta esterna di Palazzo Montecitorio

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Elezioni politiche 2008. I partiti si preparano alle urne. Campagna elettorale. Molti comizi, gazebo, strette di mano e un ingente impegno economico. La posta in palio è alta: vincere e governare oppure perdere e soccombere. Tutto però con la consapevolezza che anche soltanto il partecipare può garantire un ricco premio di consolazione. Si chiama rimborso elettorale e viene elargito a tutte quelle forze politiche che alle elezioni abbiano superato l'1% dei consensi. E per capire quanto ambito sia questo premio basta fare qualche conto: nel 2008 i partiti hanno dichiarato di aver speso complessivamente 136 milioni e ne hanno ricevuti indietro 503. Come è possibile? Beh, basta vedere come si accede al rimborso delle spese elettorali. Questo è diviso in quattro fondi per il rinnovo del Senato, della Camera, del Parlamento europeo e dei Consigli regionali. Ciascuno dei quattro fondi è ripartito tra i partiti in proporzione ai voti presi. L'accesso alla ripartizione spetta ai partiti che abbiano ottenuto un candidato eletto, ma per le elezioni parlamentari occorre rispettivamente: l'1% su base nazionale per le elezioni della Camera e il 5% su base regionale o un candidato eletto per il Senato. Ma la cosa che più è significativa è che ciascun fondo è determinato, per ogni anno di legislatura, moltiplicando questo importo di un euro per il numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali nel territorio interessato alla consultazione. Cosa significa? Significa che, anche se una legislatura dura solamente due anni, come avvenne nel caso del governo Prodi dal 2006 al 2008, i partiti che avevano concorso a quelle elezioni hanno potuto godere dei rimborsi elettorali per i restanti tre anni. E a questi andavano comunque aggiunti i rimborsi per i seguenti cinque anni di legislatura. Quindi, prendendo ad esempio il caso della Margherita, partito confluito nel 2008 nel Pd, questo ha preso per il periodo del governo Prodi i rimborsi e da quell'anno, per altri tre, nonostante il partito si fosse fuso con i Ds, ha continuato a percepirli. Solo dalla prossima legislatura verrà soppressa la norma che prevedeva il versamento delle quote annue anche in caso di scioglimento anticipato di Camera, Senato, Regioni, ma intanto lo Stato ha pagato e, numeri alla mano, nel 2010 i rimborsi complessivamente erogati sono stati di circa 285 milioni di euro dei quali 93 milioni dovuti alla doppia erogazione dei rimborsi relativi alle Camere in essere e a quelle interrotte. Uno scandalo? Sicuramente sì soprattutto leggendo le cifre riportate dall'articolo di Sergio Rizzo sulla ripartizione dei contributi alla politica: dal 1999 al 2008 le retribuzioni dei dipendenti pubblici sono cresciute del 42,5%, i rimborsi del 1.110%. Nel 1996 An e Forza Italia dichiararono spese complessive per 5,1 milioni di euro, nel 2008 il Popolo delle Libertà ha documentato spese per 68,5 milioni. Una lievitazione del 1.239%. Quanto ai rimborsi elettorali, spiega Rizzo, «decollavano del 1.008% da 18,6 milioni a 206,5 milioni». Nel passaggio dall'Ulivo all'Unione le cose non sono andate tanto diversamente: da 17 a 180,2 milioni, una crescita del 960%. E intanto la politica continua a gridare allo scandalo. C'è chi, come i Radicali, ammonisce: «Il finanziamento pubblico ai partiti deve essere azzerato, altro che dimezzamento». Chi, come Domenico Scilipoti, annuncia: «Se mai il Movimento di Responsabilità Nazionale dovesse diventare un grande partito politico, sarei contrario a rimborsi elettorali» e chi come l'Idv Felice Belisario ha presentato, nel 2008, un ddl che propone l'interruzione dei rimborsi per consultazioni elettorali in caso di fine anticipata della legislatura. Tanti impegni. tante promesse, ma nessuno sembra intenzionato a rinunciare al «ricco» premio di consolazione.

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