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Riparte la guerra della Rai

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La discussione è stata lunga, ma non è servita a superare le divisioni all'interno del Consiglio di amministrazione della Rai. Così, alla fine, l'esito è stato quello previsto. Alberto Maccari è stato confermato alla guida del Tg1 fino al 31 dicembre 2012 con la possibilità di recesso anticipato da parte dell'azienda, mentre Alessandro Casarin, che già ricopriva il ruolo di condirettore, dirigerà da oggi la Testata Giornalistica Regionale. Entrambi sono stati nominati a maggioranza: favorevoli 5 (i consiglieri appartenenti al centrodestra Antonio Verro, Guglielmo Rositani, Angelo Maria Petroni, Giovanna Bianchi Clerici e Alessio Gorla), contrari 4 (oltre al presidente Paolo Garimberti, i consiglieri di "opposizione" Nino Rizzo Nervo, Giorgio Van Straten e Rodolfo De Laurentiis). Una spaccatura che ha avuto l'effetto di un terremoto. Il primo "danno" sono le dimissioni di Rizzo Nervo che, dopo una vita trascorsa a viale Mazzini (vi è entrato nel '79 e ha guidato la Tgr e il Tg3, ma anche il quotidiano della Margherita Europa) e dopo 7 anni in Consiglio di amministrazione, ha deciso di mollare. «Le nomine - spiega - sono state l'ultima e insanabile ferita inferta all'autonomia del Servizio pubblico dai condizionamenti asfissianti della politica. Sono chiaramente frutto di un accordo politico tra Pdl e Lega Nord con lo scambio di Maccari al Tg1 e Casarin al Tgr. Ho sperato sino all'ultimo invece....» Dopo la decisione del consigliere tocca a Garimberti scendere in campo contro Lei: «Ciò che è accaduto è la conferma che questa governance condanna la Rai all'ingovernabilità e che è urgente affrontare il problema delle norme che regolano la vita e l'attività dell'Azienda. È l'appello che rivolgo nuovamente con impellenza alle istituzioni competenti e in primo luogo all'azionista anche alla luce della grave situazione che si è creata con le dimissioni di un Consigliere». E a Rizzo Nervo dice: «Pur comprendendo le ragioni delle sue dimissioni penso che sia opportuno continuare dall'interno una battaglia per migliorare la governance della Rai e consegnare l'Azienda in condizioni più adeguate a chi verrà dopo di noi». Resta invece alla finestra l'altro consigliere eletto in quota Pd, Giorgio Van Straten, che avverte: «Sto riflettendo sulle dimissioni. Da un punto di vista umano capisco la reazione di Rizzo Nervo, ma prenderò una decisione solo domani (oggi ndr)». E se la sinistra di Viale Mazzini insorge, quella fuori dal palazzo è pronta allo scontro. «Non resteremo con le mani mano - spiega il segretario del Pd Pier Luigi Bersani - Non staremo certo fermi davanti a coloro che vogliono vedere distrutta un'azienda pubblica». Parole che sembrano confermare l'ipotesi, circolata in ambienti democratici, di organizzare nei prossimi giorni una mobilitazione di piazza in difesa della Rai. Sul fronte opposto si registra l'autodifesa del direttore generale che, per la seconda volta in due giorni, rivendica «l'autonomia» delle proprie scelte. «Spiace - replica rivolta a chi l'attacca - che possano essere state interpretate con logiche che non mi appartengono, come dimostrano ampiamente tutte le scelte assunte in questi nove mesi da Direttore Generale della Rai».   Insomma non c'è alcuna volontà politica dietro le nomine di Maccari e Casarin. Anzi, nel caso del primo, sembra addirittura trattarsi di una decisione di opportunità. Il 22 febbraio, infatti, si terrà la prima udienza della causa per il reintegro di Augusto Minzolini. Una causa che, dicono a Viale Mazzini, l'ex direttore del Tg1 ha buone possibilità di vincere. Anche per questo il dg avrebbe preferito tenersi una via d'uscita prolungando a termine il contratto di Maccari (che ha incassato comunque il sostegno del Cdr della testata che lo «giudicherà solo alla prova dei fatti»). E se il centrosinistra perde un consigliere, il centrodestra lo "guadagna". Antonio Verro ha infatti deciso di rimanere in Cda rinunciando al seggio da deputato. Doveva subentrare al posto di Adriano Paroli che si era dimesso per rimanere sindaco di Brescia.

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