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Alemanno zittisce il ministro Fornero

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero

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Una «lettera di richiamo» quella inviata dal ministro del Lavoro e Politiche Sociali con delega alle Pari opportunità, Elsa Fornero, al sindaco di Roma Gianni Alemanno sul tema delle quote rose. Una tirata di orecchi affatto gradita al primo cittadino che replica senza indugio. «La rappresentanza femminile in tutti gli organismi di Governo - scrive il ministro - è un tema delicato e che provoca molta attenzione. Non le sfugge che il punto è rilevante anche per me e non posso perciò non chiederle una riflessione sul punto e, in particolare, sulla composizione della sua Giunta. È solo grazie ai comportamenti di ognuno di noi - incalza la Fornero - che possiamo pensare di aiutare il Paese, è solo con l'esempio che possiamo pensare di migliorarlo. Certo che non vorrà lasciare inascoltate le tante voci che le chiedono di offrire a Roma, alla capitale dell'Italia, una presenza equilibrata tra donne e uomini nell'amministrazione comunale». Un'ingerenza pesante quella del ministro nella scelta del governo della capitale d'Italia che ha fatto esultare il centrosinistra, già protagonista di due ricorsi al Tar proprio sulle quote rosa nella giunta Alemanno. Una battaglia, quella innescata a Roma sulla rappresentanza di genere stumentale che sino ad oggi ha avuto come risultato quello di inasprire i toni della dialettica politica e culturale. Quella, per intenderci che ha portato all'elezione nell'Assemblea capitolina di sole 4 donne su 60 consiglieri. Una questione più seria rispetto a uomini e donne che compongono la squadra del sindaco, al quale è riconosciuta (almeno sinora) la massima discrezionalità. Per questo la risposta di Alemanno al ministro è "responsabilmente" dura. «Il problema della rappresentanza femminile è da sempre al centro della mia attenzione e delle mie riflessioni. Purtroppo, come forse lei non saprà, il deficit di rappresentanza femminile si riflette direttamente dalla nostra Assemblea capitolina - risponde il sindaco nella lettera - dove su 60 consiglieri sono state solo 4 le elette, meno del 7%. La necessità di contemperare la rappresentanza di genere con la rappresentanza elettorale non mi ha permesso, allo stato attuale, di inserire più di 2 donne in una Giunta composta da 12 assessori, ovvero quasi il 17% di presenza femminile. Questa riflessione non può, però, essere limitata solo a Roma, perché tale lettura parziale potrebbe assumere un'interpretazione strumentale. Infatti, nei Comuni la media delle donne elette in Consiglio non arriva al 12% mentre nelle Giunte non supera il 18%. Potrei inoltre osservare che anche nel suo Governo il numero delle donne ministro è di 3 su 18, ovvero lo stesso rapporto della mia Giunta - scrive ancora Alemanno -. Credo, quindi, che questo argomento dovrebbe essere affrontato in maniera meno estemporanea e più meditata attraverso un confronto tra Governo e rappresentanze parlamentari da un lato e l'Associazione nazionale dei Comuni Italiani (Anci) in cui ricopro la carica di presidente del Consiglio nazionale». Una legge nazionale dunque che stabilisca in maniera precisa e preventiva la parità di rappresentanza. «Occorre evitare - dice Alemanno - che questo argomento venga liberamente affrontato dai singoli sindaci, oppure nelle aule dei tribunali amministrativi. Infatti, non possiamo lasciare solo ai Tar l'onore di intervenire azzerando le giunte totalmente asimmetriche dal punto di vista della rappresentanza femminile». Un "onore", quello dei giudici amministrativi, già esercitato proprio sulla prima giunta Alemanno, azzerata per la presenza di una sola donna. Una delega che la politica deve riprendersi.

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