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Quegli strani bilanci «nascosti»

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Misteri Un gruppo di deputati aveva presentato istanza al tribunale per annullare i rendiconti 2009 e 2010. Perché c'erano troppi lati oscuri

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Paroladi Enzo Carra, Renzo Lusetti e Calogero Piscitello, un tempo deputati del partito e oggi estromessi dalla possibilità di approvare i rendiconti dell'associazione che gestisce i fondi dei rimborsi elettorali 2006, arrivati nelle mani dell'ex tesoriere fino al 2011. La consapevolezza che lo Statuto dell'associazione "Democrazia e libertà - La Margherita" «attribuisce al Tesoriere ampi potere di gestione delle risorse comuni», (spetta a lui - recita l'articolo 22 - il compimento di «tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, compresa l'acquisizione e la cessione di beni») e l'assoluta convinzione che nonostante ciò «il Tesoriere eserciti attività di carattere meramente esecutivo, essendo riservata agli Organi statutari, rappresentativi di tutti gli associati, ogni decisione in merito alla concreta destinazione delle risorse dell'Associazione» hanno spinto, però, gli ex deputati Margherita a chiedere al Tribunale civile di Roma di dichiarare «l'inesistenza, la nullità e/o l'inefficacia» dei bilanci 2009 e 2010 dell'associazione. I ricorsi sono stati presentati alla fine di giugno del 2011. I firmatari lamentano il fatto di non essere stati convocati - pur essendo stati eletti nel 2006 tra le fila della Margherita - alle assemblee federali che hanno approvato i rendiconti consuntivi dell'associazione degli anni 2009 e 2010, quelli, cioè, che fanno rapporto sui rimborsi elettorali che il partito ha ricevuto dal momento che loro sono stati eletti. «La prima tranche dei rimborsi relativi a detta tornata elettorale - recita la memoria presentata in tribunale - è stata erogata dalla Camera all'associazione nel 2007; le ulteriori tranches negli anni successivi (2008, 2009, 2010, 2011). Il Tesoriere è tenuto a rendere agli associati il conto dell'impiego (tre le eventuali altre) di dette somme, mediante sottoposizione di apposito rendiconto all'Organo statutario competente, ovvero, all'Assemblea federale». Tradotto, vuol dire che Luigi Lusi era tenuto a sottoporre all'assemblea della Margherita i conti e gli eventuali impieghi (tra gli altri) di quei 12 milioni 961 mila euro che avrebbe invece sottratto al partito attraverso 90 bonifici a se stesso e l'acquisto di immobili di prestigio, perché ad essa spettava la verifica dei bilanci. È qui che gli «ampi poteri» lasciati al tesoriere hanno fatto la differenza. Non tutti gli associati, infatti, sono stati convocati per l'assemblea. Spiega Enzo Carra: «Pur avendo manifestato a Lusi il nostro disappunto per non esser stati convocati per l'approvazione del bilancio 2009, abbiamo aspettato a fare ricorso. Speravamo, date le lamentele fatte alla dirigenza dell'ex partito, di essere invitati nel 2010. Così non è stato. Allora è partita l'azione legale». Le udienze preliminari ci sono già state. Lo scorso 27 dicembre per il rendiconto 2009 e il 16 gennaio per quello 2010. «Lusi - racconta Carra - ha detto ai giudici nel primo caso che non eravamo titolati a partecipare all'assemblea e, nel secondo, che il tesoriere non è sindacabile da nessuno. Il giudice ha respinto le sue eccezioni formali. Adesso aspettiamo l'esito del procedimento».

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