Tosi dribbla Pdl e Lega: "Lista civica o addio"
Per alcuni è un maroniano di ferro, per altri semplicemente un "tosiano" che antepone i propri interessi a quelli della Lega, lui però non si cura di appellativi o malelingue e va dritto al dunque perché «c’è chi si fa un "mazzo così" sul territorio e raccoglie voti per il movimento e chi è abituato a vivere di luce riflessa». Flavio Tosi, sindaco di Verona, è ormai un simbolo. L'emblema di un'alleanza con il Pdl che ormai i leghisti considerano finita perché, come sottolinea il primo cittadino della città scaligera, «non si può essere alleati con un partito che ha appoggiato la reintroduzione della tassa sulla prima casa e che ha permesso al governo di trasformare un'imposta federalista come l'Imu in un balzello che, per il 50%, andrà allo Stato». Sindaco Tosi, quindi nessuna alleanza? «Impossibile allearsi con il Pdl. Quello che si è deciso a Roma costerà ai veronesi più di 200 euro in più a testa. Io dovrò spiegarlo ai miei concittadini e se fossi alleato con il Pdl sarebbe veramente difficile farlo. Poi una parte del Pdl, in particolare quella che faceva riferimento ad An, ha remato contro di me». Quindi ognuno per la sua strada? «Non proprio. Ho chiesto a quella parte del Pdl con la quale ho lavorato bene che si candidi nella mia lista civica. Gli altri possono andare per la loro strada». Eppure Gian Paolo Gobbo, segretario veneto della Lega, non ne vuole sapere di liste civiche. «Sbaglia perché la lista «Tosi sindaco» verrebbe votata da chi mi vuole sindaco ma non metterebbe mai la croce sul simbolo della Lega». E se fosse che nel movimento qualcuno ha paura che la sua lista possa prendere più voti di quelli del Carroccio? «La lista civica con il mio nome esisteva già cinque anni fa ed è stata la più votata della coalizione. Io penso che, se vince la Lega appoggiata dalla lista Tosi, a livello nazionale, i benefici li trarrà la Lega. Quindi possono stare tranquilli». Crede che avere l'appoggio di Roberto Maroni possa essere determinante per risolvere la questione? «Sia io che l'amico Maroni ci atteniamo alle regole del movimento. Certo è che averlo al proprio fianco è un aiuto. Correre con la lista civica non è una scelta contro il movimento ma va a tutelare i veri interessi del Carroccio». E se nel movimento non le daranno retta? «La Lega non può raccogliere il 50,1% dei consensi da sola quindi rischierebbe di perdere. Quello che mi dispiace è che dietro a questo diktat non c'è un ragionamento politico ma uno scontro interno in vista dei congressi regionali di giugno. Se questo ostruzionismo dovesse esserci io farò un passo indietro e la Lega cercherà un altro candidato». Una situazione molto delicata che molto probabilmente sarà Bossi a dover districare. Eppure il Senatùr sembra essere sempre più affaticato. Crede che dovrebbe cedere il testimone a Maroni? «Bossi è il segretario del partito. Non si discute. Al tempo stesso, però, dire che Maroni è un grande esempio di come operare, è una verità incontrastata. Dirò di più: sono sicuro che avrebbe tutti i numeri per diventare primo ministro». Allora sta pensando già alle Politiche. Ma con quale legge elettorale? «Di certo non con questa. Il bipolarismo ha fallito. Bisogna rimettere le preferenze perché la gente vuole scegliere. Poi serve un sistema alla tedesca dove non si sia costretti a scegliere con chi allearti prima del voto».