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La Lega di Maroni riparte da Verona

Lega, il sindaco di Verona Tosi e l'ex ministro dell'Interno Maroni

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La sfida partirà da Verona. E quando i contendenti avranno finito di combattere le cose non potranno più essere come prima. Si saranno rotti quei delicati equilibri che, fino ad oggi, hanno permesso a Umberto Bossi, da una parte, di tenere in piedi l'alleanza con il Pdl e, dall'altra, di assicurare al Carroccio unità e stabilità. Così, ieri, proprio dalla Fiera della città scaligera, il sindaco Flavio Tosi, galvanizzato dalla presenza dell'amico Roberto Maroni, ha puntato i piedi. Ha chiuso definitivamente le porte in faccia al Pdl cassando ogni ipotesi di alleanza elettorale con chi, a Roma, sostiene un governo che aumenta le tasse ai cittadini. Ma, al tempo stesso, si è esibito in una prova di forza contro quella parte del movimento che vorrebbe proibirgli di affiancare al simbolo della Lega quello di una lista civica «Tosi sindaco». Uno stratagemma che gli consentirebbe di prendere voti anche tra quanti lo apprezzano come sindaco ma che non metterebbero mai una croce sul simbolo della Lega. Eppure tra i lumbard c'è chi teme che la «civica» possa prendere più voti del partito rendendo Tosi ancora più ingombrante e scomodo. Un'opposizione capeggiata dal "padre padrone" del Carroccio Veneto, Gian Paolo Gobbo. Un bossiano di ferro che ieri ha preferito non essere presente a Verona. Una scelta seguita anche da molti leghisti veronesi come l'ex sottosegretario alla sanità Francesca Martini, il capogruppo della Lega al Senato Federico Bricolo e il deputato Alessandro Montagnoli. Tutti nordisti di fede bossiana che ieri hanno voluto così sottolineare la loro distanza dal maroniano Tosi e da tutta quella schiera di «barbari sognanti» (così si definiscono i fedelissimi dell'ex ministro, ndr) che stanno prendendo sempre più piede all'interno del movimento. Tra quei «barbari sognanti» molta gente comune pronta a sventolare bandiere con la gigantografia di «Bobo». Una foto scattata a Pontida lo scorso giugno quando Maroni cercava di zittire i suoi fedelissimi che lo osannavano più di Bossi. Come ieri quando solamente un piccolissimo gruppo di persone ha avuto voglia di applaudire il Senatùr ricordato nelle parole di Maroni. Ormai l'Umberto incarna la Lega del passato e nonostante «Bobo» tenga nel cuore il ricordo del suo primo incontro con Bossi («Lo vidi come un pazzo, ma quel pazzo aveva ragione») è ormai chiaro che i leghisti tifano per lui. E sono proprio i ragazzi del Movimento Giovani Padani di Vicenza a ricordarglielo srotolando al suo ingresso nella sala della Fiera uno striscione: «Semo Tosi con i Maroni» (Siamo ragazzi con le p..., ndr). «Appena è entrato ci ha guardato, racconta il giovane leghista Alberto Farina, ha alzato il pugno in aria e ci ha sorriso. Non sono servite parole, lui ha capito che noi siamo con lui». E tra i tanti militanti presenti anche il senatore Alberto Filippi passato alle cronache per essere stato espulso dal partito l'estate scorsa: «La Lega non è Gobbo o tutti quegli altri prepotenti che mi hanno espulso. Questa éra sta finendo, ora è il tempo dei sentimenti e della passione. Cose che Flavio incarna e per questo ho deciso che lo sosterrò in campagna elettorale. La mia presenza oggi poteva essere scomoda e invece Tosi appena mi ha visto, nonostante sul palco stesse parlando Maroni, si è alzato ed è venuto a salutarmi. Questo gesto non lo dimenticherò mai». Ed è proprio Maroni a definire i contorni di quella sfida che la Lega ha deciso di lanciare da Verona: «Da qui sfidiamo un sistema politico ripiegato su di sé» e per questo che il Carroccio «non ha bisogno di allearsi con un partito che dice il contrario di noi». Ma l'affondo più duro l'ex ministro lo riserva al partito. «Sono arrivato a Verona per esprimere la mia solidarietà personale a un leghista vero e autentico. Forse è per questo che ha subito attacchi personali anche all'interno del movimento, che non sono tollerabili. La mia vicenda personale - rileva Maroni - mi ha ferito, ma la considero chiusa e salutare, per la risposta avuta dai militanti e dalle sezioni». Poi iniziano gli elogi per quel «modello Verona» che gli ha dato da ministro «grandi ritorni positivi e molte idee» a partire dal Pacchetto Sicurezza. Della vittoria di Tosi - non importa se con o meno una lista a suo nome («il nome della lista mi interessa poco, non entro nel merito; è una decisione che spetta agli organismi della Liga Veneta e al consiglio nazione») - Maroni si è detto più che fiducioso. L'esito del risultato - spiega infatti - è certo e sarà importante «per il futuro non solo di Verona, ma per tutta la Padania». Verona, dunque, diventa «laboratorio politico» della Lega. Primo obiettivo: scrollarsi di dosso l'ombra di Berlusconi e del suo partito. Poi le truppe maroniane si preparino perché come ha detto il loro «capo»: «I barbari le hanno prese dai romani, noi, ora, vogliamo prenderci la rivincita».

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