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Sarkozy: l'Europa non è più in bilico

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Il presidente francese Nicolas Sarkozy

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L'Unione europea è vicinissima a chiudere l'accordo sul nuovo patto di bilancio (il cosiddetto "Fiscal compact") e ad aprire una nuova fase di politica economica di rigore e sviluppo, mentre il presidente francese Nicolas Sarkozy annuncia enfaticamente che il peggio è passato, la situazione si sta «stabilizzando» e l'Europa «non è più sull'orlo del baratro», anche grazie alle misure «forti e giuste» prese in Italia da Mario Monti. Insomma, dopo una crisi profondissima, si comincia a vedere la luce. Sarà comunque il summit di domani a Bruxelles ad indicare se i suoi leader sono davvero decisi - come sembra - a ristabilire la rotta del tormentato viaggio verso un maggiore rigore fiscale e rinnovate politiche di crescita. L'Ue ha certamente bisogno di una nuova governance economica per guardare con più serenità al futuro, ma sul tavolo rimangono questioni aperte, e sullo sfondo c'è sempre la spada di Damocle della Grecia. Nella capitale belga, i capi di Stato e di governo potranno toccare con mano gli effetti dei loro pacchetti di austerity sulla società: domani il Belgio sarà infatti paralizzato da uno sciopero generale che - al di là degli ovvi disagi - dimostrerà quanto sia delicato il tema delle misure anticrisi, tanto che uno dei principali sindacati locali, l'Fgtb, è convinto che i tagli al bilancio spingeranno il Belgio nel baratro della recessione. Ma l'Unione è decisa ad andare avanti e, quando mancano meno di 24 ore al summit, fonti vicine al negoziato indicano che si fa sempre più concreta la possibilità che il vertice trovi un accordo politico sul Patto di bilancio e dia segnali importanti anche sulla crescita e sull'occupazione. Il clima è «positivo», e secondo le fonti «c'è voglia di concludere, di essere concreti e di dare messaggi chiari». Di messaggi chiari hanno bisogno ovviamente i mercati, soprattutto alla luce delle recenti bordate partite dalle agenzie di rating americane contro i debiti sovrani del Vecchio Continente (incluso quello italiano e il fondo salva-Stati Efsf). A Davos, venerdì scorso, il presidente della Bce Mario Draghi ha sottolineato che il Fiscal compact «è necessario affinchè i paesi dell'area euro tornino ad avere fiducia l'uno nell'altro».  Tuttavia, nonostante l'ottimismo trapelato oggi, il successo del summit non è affatto scontato su tutti i fronti. E comunque su Bruxelles aleggia sempre lo spettro di un default della Grecia. Chi si aspettava un accordo con i creditori entro questa sera è rimasto deluso e la corsa contro il tempo continua: ora si punta a chiudere la settimana prossima. Nel frattempo, come emerso ieri, Berlino ha alzato la posta su Atene proponendo - di fatto - il commissariamento del Paese, almeno per quello che riguarda la gestione del bilancio. Nonostante l'immediato secco "no" della Grecia, la presa di posizione della cancelliera Angela Merkel potrebbe spingere anche questo tema nell'agenda di domani e creare ulteriori complicazioni. Per il momento, sul tavolo restano i nodi delle sanzioni semi-automatiche anche sul debito chieste dall'Olanda e da altri paesi 'rigoristì come l'Austria; la questione di 'direttivè concrete in materia di crescita e occupazione posta dall'Italia, e il problema (sollevato dalla Polonia) della partecipazione ai vertici dell'Eurogruppo da parte dei paesi fuori dalla moneta unica. Da parte sua, la Svezia teme di perdere la propria autonomia nella politica di bilancio, mentre la Gran Bretagna continua a chiamarsi fuori. C'è infine la questione "principe" ancora irrisolta, formalmente non all'ordine del giorno del summit, ma sicuramente al centro dei colloqui tra i leader: il potenziamento del nuovo fondo salva-Stati (Esm), il 'firewall' europeo destinato dal primo luglio 2012 a raccogliere il testimone dall'attuale European financial stability facility (Efsf). Al momento è stabilito che l'Esm possa contare su una potenza di fuoco di 500 miliardi di euro, cifra ritenuta tuttavia insufficiente da molti Paesi e istituzioni (in primis Francia, Italia, Fmi e Commissione europea) che ne chiedono con insistenza il rafforzamento (almeno fino a 750 mld), scontrandosi con le resistenze della Germania. Anche oggi la Merkel, in un'intervista alla Bild am Sonntag ha glissato sul pressing degli alleati. La posizione dei tedeschi tuttavia si starebbe pian piano ammorbidendo (come confermano le indiscrezioni trapelate ieri sul magazine finanziario Wirtschaftswoche) e, una volta incassato l'accordo sul Fiscal Compact, la cancelliera potrebbe finalmente scendere a compromessi.  

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