È morto Scalfaro Berlusconi tace
Con Silvio Berlusconi condivideva il mese di nascita. Il Cavaliere è nato a Milano il 29 settembre 1936. Oscar Luigi Scalfaro era nato a Novara il 9 del 1918. Se n'è andato ieri, a 93 anni. Tra il cordoglio di chi gli è stato amico. E i distinguo di chi lo ha combatutto riconoscendo, in punto di morte, il valore dell'avversario. Ma soprattutto se n'è andato accompagnato dal silenzio di Berlusconi. Nessun commento, nessuna nota ufficiale. L'ex premier non ha voluto rendergli l'onore delle armi. Ultimo segno evidente del pessimo rapporto che c'è sempre stato tra i due. Fin dal 1994. Sono gli anni del primo governo guidato dal Cavaliere, Umberto Bossi decide di ritirare l'appoggio all'esecutivo spalancando le porte di Palazzo Chigi ai tecnici guidati da Lamberto Dini. Dietro quella scelta Silvio ha sempre visto la mano dell'allora Capo dello Stato accusandolo di aver esercitato pressioni improprie sul Senatùr mettendo in atto una sorta di «golpe». Ma a Scalfaro Berlusconi imputò anche l'introduzione del «bavaglio» della par condicio che, a suo avviso, favorì Romano Prodi nelle elezioni del 1996. Rapporto duro quando i due vestivano i panni istituzionali. Pessimo negli anni successivi. Da quando aveva lasciato il Quirinale, infatti, l'ex Capo dello Stato si era sempre ostinatamente battuto contro il Cav. Soprattutto contro il tentativo di modificare la Carta Costituzionale (fu a capo del comitato che propose il referendum che nel 2006 bocciò la riforma del centrodestra). E c'è chi giura che fu sempre questa inimicizia, a lungo trascinata, che spinse il Cavaliere, nel 2006, a bloccare in tutti i modi l'elezione del senatore a vita alla presidenza di Palazzo Madama (alla fine la spuntò Franco Marini). Una lunga guerra che oggi si conclude nel silenzio. Mentre nel Pdl non mancano le voci critiche verso colui che il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto definisce «nostro coerente e agguerrito avversario». Diverso, ovviamente, l'atteggiamento del centrosinistra con il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che assicura: «Non abbandoneremo le sue battaglie». Ed è questa spaccatura che evidenzia come la figura di Scalfaro resti, al di là del cordoglio per la morte, una delle più controverse della nostra storia. Magistrato, era stato eletto giovanissimo nell'assemblea Costituente. Poi una lunga carriera all'interno della Dc e, a partire dal 1953 (fu sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Segni), nel governo del Paese. Dal 1983 al 1986 fu ministro dell'Interno dell'esecutivo guidato da Bettino Craxi. Lo stesso Craxi cui da Capo dello Stato, anni dopo, rifiutò la concessione della grazia. In mezzo c'era stata la stagione di Tangentopoli e Scalfaro si era schierato senza dubbi dalla parte del pool di Mani Pulite. Per quella scelta, sostenne, dovette subire nel 1993 la "ritorsione" dello scandalo Sisde sulla gestione dei fondi riservati. La sera del 3 novembre del 1993 si presentò in televisione a reti unificate e pronunciò una frase che è rimasta nella memoria di tutti: «Io non ci sto». Forse, non fosse stato un fervente cattolico, lo avrebbe ripetuto anche alla morte.