Ma la crescita resta sotto zero
Le semplificazioni decise da Mario Monti ricordano assai quelle promesse a ripetizione dal governo Berlusconi, e prima da Prodi & Company. Zone a burocrazia zero, certificati in tempo reale, agenda digitale per l'università, appalti snelli per le aziende, le immancabili agevolazioni per i giovani. Se, come ha detto il premier, tutto ciò «migliorerà la competività e la qualità della vita», lasciamolo quindi decidere ai fatti, e non alle parole. Siamo anche pronti a scommettere che oggi alle semplificazioni verranno dedicate pagine e inserti. È già accaduto con le liberalizzazioni: giorni a discutere di tassisti e farmacisti, quando banche, assicurazioni e bollette ne uscivano indenni, in silenzio. Eppure mentre il premier annuncia 11 punti di crescita del Pil, otto dei consumi e 12 degli stipendi, i numeri che abbiamo davanti ci dicono il contrario. Nel 2012 la crescita italiana andrà sottozero: si va dal meno 2,2 per cento stimato dal Fondo monetario all'1,5 della Banca d'Italia, passando per l'1,7 di Prometeia. Quanto agli stipendi reali, l'Istat li quantifica ai minimi dal 1999. L'effetto-Monti, insomma, si misura su altri teatri. E soprattutto con altri sensori. La scena principale è ovviamente quella europea. Lo spread si è ridotto di oltre cento punti e ieri ha ancora bucato al ribasso quota 400. Certo, è arrivato anche il downgrading di Fitch, da A+ ad A-: gli esperti assicurano che è già metabolizzato. Dopo Fitch toccherà a Moody's, e qui attenzione: le due agenzie finora ci hanno mantenuto una A, sia pure solitaria. Per molti fondi è indispensabile restare aggrappati a questo livello per non far scattare meccanismi di smobilizzo dai titoli pubblici o costose garanzie collaterali. Riservatamente, Bankitalia, Assogestioni e Isvap, l'autorità delle assicurazioni, si stanno muovendo per minimizzare i danni. Ma torniamo all'Europa. Ieri sono stati collocati 11 miliardi di Bot a tassi tornati ai livelli di giugno: un buon segnale per il prossimo lunedì, che sarà il giorno della verità su molti fronti. Il Tesoro dovrà misurarsi con il ben più impegnativo collocamento di 8 miliardi di Btp a 5 e 10 anni. Veniamo da interessi del 7,3 per cento: la discesa è garantita, bisognerà però vedere di quanto si scenderà sotto al sei. Non solo. Il collocamento fa da battistrada a una sfilza di rimborsi tra febbraio ed aprile: tra Btp, Cct e Ctz, oltre 90 miliardi di euro sul quale si misurerà fino a che punto i money maker internazionali muteranno l'umore sull'Italia. La vera svolta sarà se torneranno a comprare fondi e banche stranieri: ieri sera, sul grey market, veniva considerato soddisfacente che non ci fossero stati disinvestimenti per far spazio ai titoli opzionati per lunedì. Segno, dicono al Tesoro, che qualche portafoglio intende aumentare l'esposizione sull'Italia. Del resto lo ha detto nientemeno che George Soros dal Forum economico-chic di Davos (noto per non avere azzeccato tutte le ultime grandi crisi): «I titoli italiani sono una splendida opportunità d'investimento». Peccato che questo grande speculatore «democratico» non sia più, come ha precisato, operativo. E tuttavia non c'è dubbio che il mood stia cambiando. Sempre lunedì Monti avrà un nuovo summit con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy per limare i dettagli del «fiscal compact», il patto di bilancio, ed evitare che non sia troppo punitivo per l'Italia. Ancora, si dovrà decidere la dotazione del nuovo fondo salva-stati, che a sua volta potrà consentire alla Bce di avere le mani più libere nel sostegno ai nostri titoli pubblici. Infine dovrebbe essere firmato l'accordo sul debito greco (ma occhio al Portogallo): se due anni fa, quando si scoprì che Atene truccava i conti, si fosse consentito quel fallimento che oggi viene mascherato da default controllato, ci saremmo risparmiati 5 mila miliardi di dollari e la più grande rivoluzione di potere europeo del dopoguerra. Perché a favore di Monti c'è anche questo: il suo format di governo ha fatto bruscamente invecchiare la politica italiana, di destra e sinistra. Ricordate le cene di Arcore e le foto di Vasto? Foto sbiadite. Pare che oggi soffra di più il centrodestra, con il Pdl lacerato tra chi vuole staccare la spina e raggiungere Bossi nella ridotta padana, e quelli che puntano su uno scenario nuovo, recuperando un ruolo politico e magari cercando di coinvolgere qualche nome di spicco dell'esecutivo. Certo, per questo servono scatti di fantasia, ed un cambio di mentalità. Eppure a noi pare che in prospettiva sia la sinistra a rischiare di più dall'effetto Monti. In ogni caso state certi: i tecnici ce li terremo a lungo. Molti di loro (un nome, Corrado Passera) hanno una gran voglia di mutarsi in politici. A vent'anni dalla discesa in campo del Cav, preparatevi a una calata in massa di banchieri, professori, consulenti. È la democrazia semplificata che avanza.