A Milano la piazza fischia il Senatùr
Il "Tutti insieme appassionatamente show" dura fino a quando Umberto Bossi, fazzoletto leghista d'ordinanza al collo, non decide di tentare il numero a sorpresa. Percentuale di rischio elevata. La consacrazione è a un passo, ma il fallimento aleggia. Così è. Il Senatùr sta per concludere il suo comizio in piazza Duomo, dopo un corteo che ha visto le camicie verdi (gli organizzatori parlano di 75mila persone) sfilare per le vie della città. E azzarda: «Bisogna che quelli che dovevano rompere la Lega, secondo i giornali, si diano la mano davanti a tutti. Basta storie. Fratelli siamo e non possiamo chiedere loro di essere fratelli se non siamo noi fratelli». L'invito è rivolto a Marco Reguzzoni e Roberto Maroni. Simboli delle anime che, ormai da mesi, si agitano e si combattono all'interno del Carroccio. Da un lato il «cerchio magico» dei fedelissimi bossiani, dall'altro i «barbari sognanti» dell'ex ministro dell'Interno. Il primo round si è concluso pochi giorni fa con la sostituzione di Reguzzoni come capogruppo alla Camera. Scelta celebrata da una foto, pubblicata dalla Padania, con i vertici leghisti che, come nella Traviata del «padano» Giuseppe Verdi, brindano all'unità ritrovata («Libiamo ne' lieti calici»). Ma la pace va cementata con un gesto simbolico. La manifestazione di Milano ha anche questo obiettivo. Peccato che, quando Bossi invoca la stretta di mano tra i contendenti, da piazza Duomo partono fischi per il Senatùr. I maroniani vorrebbero che Bobo prendesse la parola. Umberto si tiene stretto il microfono. Reguzzoni si avvicina all'ex ministro dell'Interno che fa finta di non accorgersi della mano allungata. Niente stretta, niente sorrisi a favore dei fotografi. I fischi continuano. Per coprirli parte il grido «Bossi, Bossi». Immediata la risposta: «Maroni, Maroni, Maroni». È una debacle e dal palco Rosy Mauro prova, invano, a incalzare i fedelissimi del leader. L'impressione è che i «barbari sognanti» siano di più. Certamente più rumorosi. E pensare che, fino a quel momento, ogni cosa era andata per il meglio. Solito corteo a base di «Padania libera» e tutti a spiegare che la Lega è unita e che le divisioni sono solo frutto della fantasia dei giornalisti. I nemici, semmai, stanno altrove. Anzitutto a Palazzo Chigi dove si è insediato un «governo ladro» che deve togliere le mani dalla casa e dalle pensioni degli italiani. «Ci vuole una tobin tax per mettere sulla retta via le banche - tuona Bossi dal palco - ma uno che viene da una grande banca che ha fatto fallire il mondo le banche non le tocca, tocca la povera gente». E ancora: «A Berlusconi dò un suggerimento, la Lega ti chiede di far cadere questo governo infame o non riuscirà a tenere in piedi il governo della Lombardia, dove ne stanno arrestando uno al giorno. Non è possibile parlare con noi e contemporaneamente sostenere il governo Monti. Caro Berlusconi non tenere il piede in due scarpe, non ci piace chi lo fa». Poi, appena parte qualche fischio per il Cavaliere, una piccola retromarcia: «Calma, non vorrete che Berlusconi e il Pd si mettano d'accordo per fare una legge elettorale che ci faccia fuori?» Ma il messaggio è lanciato. E anche se la priorità restano «Monti fuori dai coglioni» o «Padania libera, Roma vaffanculo», è chiaro che la Lega non vuole in alcun modo allentare il proprio pressing sul Pdl. «Le scelte di Berlusconi e del Pdl a Roma - spiega il vicepresidente della Regione Lombardia Andrea Gibelli - condizioneranno anche l'alleanza a livello locale». Dopotutto, per tenere compatto il partito, occorre mostrare i muscoli e mobilitarsi contro un nemico comune. Bossi lo fa spiegando che il Carroccio ha la forza per correre e vincere da solo le prossime amministrative, ma è chiaro che l'obiettivo resta quello di convincere Berlusconi a staccare la spina a Monti. E se Roberto Calderoli aspetta le «idi di marzo», Maroni si mostra più scettico: «Elezioni? Spero di sì ma mi pare difficile». Per lui, evidentemente, conta di più la battaglia interna che, dopo lo scontro sul capogruppo a Montecitorio, si sposta sui congressi. Così, in serata, l'ex ministro dell'Interno consegna a Facebook un messaggio per i suoi sostenitori: «Vorrei ringraziarvi uno per uno. Il mio pensiero va alle/ai militanti che si sono alzati a notte fonda per essere in piazza più uniti che mai: grazie, grazie. Mi è dispiaciuto molto non poter parlare per salutarvi e condividere con voi queste sensazioni. Sono molto felice di comunicarvi che poco fa si è concluso il Consiglio federale che ha deliberato la convocazione dei congressi provinciali e nazionali così come richiesto dai nostri militanti». Barbari sognanti, all'assalto.