Tremonti fa mea culpa e blinda Monti
«Signor ministro....» Il lapsus di Fabio Fazio scatta automatico appena Giulio Tremonti, ospite di Che tempo che fa, comincia a parlare. Normale e giustificato. Ma sulla poltroncina grigia dello studio, munito di stampelle che testimoniano la frattura al tallone rimediata cadendo da uno sgabello, siede il «professor» Tremonti. Lo stesso che nel 2008, con il suo libro «La paura e la speranza», parlò della crisi economica globale che stava per colpire l'Europa provando a tracciare una via d'uscita. Oggi non è più tempo di previsioni, così il «professore» si concentra sulla seconda parte e dà alle stampe «Uscita di sicurezza» (Rizzoli, in libreria dal 25 gennaio). Il concetto attorno a cui ruota il volume è semplice Tremonti lo delinea nel suo dialogo con Fabio Fabio. Il mondo si trova «in una fase straordinaria della storia» in cui «la ricchezza sta divorando le nazioni e poi divorerà se stessa». Ma c'è un'«uscita di sicurezza» dalla crisi che passa attraverso una riorganizzazione dell'Europa e una maggiore solidarietà delle sue economie. A questo punto qualche malizioso potrebbe far notare che il «ministro» Tremonti, almeno fino a novembre, partecipava a vertici internazionali e governava la politica economica dell'Italia. Poco male, il «professor» Tremonti non è impreparato alla domanda. Anzi spiega di aver «sempre ripetuto queste cose» in tutti i vertici a cui ha partecipato e aggiunge che, fino ad agosto dell'anno scorso, il governo Berlusconi «ha fatto per tre anni la politica di bilancio più seria d'Europa», con «la media degli spread a 120 e 140: poi - ricorda - tutto esplode perché l'America viene degradata e si scatena la guerra sui debiti pubblici». Ed è qui che l'ex ministro prende in contropiede quanti, soprattutto in questi ultimi mesi, lo hanno accusato di non voler ammettere i propri errori. Nel salotto di Fazio, infatti, Tremonti ammette che ad agosto si «poteva fare qualcosa di più e di diverso». E al conduttore che gli chiede se ha mai pensato alle dimissioni, risponde sibillino: «In agosto ho iniziato a scrivere il libro...». Insomma il titolare dell'Economia dell'esecutivo Berlusconi fa mea culpa, anche se le sue parole lasciano trasparire l'idea che l'errore più grande lo abbia compiuto chi ha deciso di non dargli retta. E ora? Tremonti non ha dubbi: non bisogna abbandanora Mario Monti perché, «nonostante alcuni interventi e alcuni errori, non c'è ancora equilibrio, sui mercati i soldi sono pochi e molti sono della Bce. Quindi la situazione è molto critica e ora è importante la stabilità». Non male, per uno che viene accusato di veleggiare verso le sponde leghiste. Non solo, ma quando Fazio gli chiede di commentare gli attacchi che il Carroccio ha rivolto al premier durante la manifestazione di Milano, evita la risposta: «Non voglio sembrare un coniglio ma non mi sono occupato di quello. Avevo paura di lei e della Littizzetto. Penso che non ci si debba occupare di altri partiti e mettersi a intrigare dentro casa degli altri». Meglio quindi parlare della crisi europea che si può risolvere se «le banche tornano a fare le banche e non i casinò». Ma è anche necessario che «l'Europa si riorganizzi e ci sia più solidarietà nelle economie», compresa quella tedesca. «La Germania - spiega - pensa che le cose vanno bene fino a quando il fuoco non lambirà qualche birreria. Allora capiranno che la soluzione è solo comune, ma non è solo egoismo in Germania, ci sono anche le paure del passato e i fantasmi del futuro». Parola del «professor» Tremonti. Nic. Imb.