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"La nave si stava inclinando, ho preso e sono sceso"

Il relitto della Costa Concordia all'isola del Giglio. A destra l'ex dipendente moldava vista sulla plancia durante il naufragio e il comandante Francesco Schettino

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Da novello Peter Pan che tra una cabina e un ponte scivola sospeso su un'onda provvida sul tetto di una scialuppa alle ammissioni intercettate, evidentemente a sua insaputa, che forniscono una realtà probabilmente molto più vicina all'accaduto. È ovvio, stiamo parlando di Francesco Schettino che tra la scoperta di una paura ancestrale del buio e nella lucidità con la quale si accorge da lupo di mare che la nave è inclinata, si ritrova in un bar del Giglio a prendere un caffè il giorno dopo il naufragio e a cambiarsi i calzini bagnati. Perché l'uomo ha anche freddo. E sentite un po' quello che la Procura di Grosseto ha in mano, grazie a un'intercettazione ambientale nella successiva «tappa», sempre quel sabato, nella caserma dei carabinieri di Orbetello: «Quando ho capito che la nave si stava inclinando, ho preso e sono sceso». Schettino afferma di non essere in grado di dire se quanto accaduto sia da definirsi un'imprudenza «ma comunque nei limiti della mia consapevolezza. Lo squarcio è stato immenso, stava uno spuntone di roccia, poi tutto quello che è successo da quel momento in poi l'ho fatto nel massimo della mia professionalità». E questo potrebbe alleviare o quanto meno dare l'illusione di stare in pace con la coscienza. Il comandante continua a parlare al telefono con un tale Albert e gli racconta ancora dell'accaduto: riferisce che era tornato indietro per prendere la radio e quando è andato sul ponte e ha visto che la nave si inclinava si è recato sul ponte all'aperto per vedere se la Costa Concordia si posizionasse in mezzo agli scogli. A quel punto ha chiamato con il cellulare per non perdere la linea telefonica, «poi, quando ho capito che la nave si stava inclinando, ho preso e sono sceso». Inoltre, dice che adesso la sua vita cambia, e ricorre a una metafora tipicamente napoletana per dire che si trova con la testa sotto e con le gambe all'aria senza sapere nulla. La telefonata con l'amico prosegue in uno slang sempre più partenopeo: «Tutti i venerdì passavamo a cena, adesso perché hanno rotto il c..., salutiamo a Palombo, salutiamo o vento, ed ecco qua adesso ho pagato tutto quello che si sa». Schettino sembra, dunque, dire che la Compagnia lo ha spinto a fare l'inchino all'isola e ora le conseguenze le paga lui. «Eravamo passati a 0,28 e lo scoglio lo abbiamo preso lateralmente - dice ancora Schettino nel suo italiano molto falloso nell'intercettazione - No io so solo che alla fine forse mi sono reso conto ed ho cercato di evitare conseguenze più grandi di quelle che era successo, poi alla fine non ce l'ho fatta a liberarmi, cioè, va bene... Fabri, per dar retta al manager... passa da lì, passa da lì... Fabri in quel momento non vorresti togliere la spina lì è normale... no, perché non ci voglio andare più sulla nave, perché so io che non voglio più, cambio vita, perché non la vedo tanto bene...». Insomma, ce n'è abbastanza. E così gli altri stralci - quelli dell'interrogatorio - hanno un valore molto relativo. Per dovere di cronaca li segnaliamo. «In tutto questo scenario - racconta Schettino - vedo avvicinare un canotto, un motoscafo con due con la tuta termica, che si avvicinava a me, ho detto: "un attimo, comandante - afferma Schettino rivolgendosi al capitano De Falco della Capitaneria di Porto di Livorno - adesso vedo se mi accompagnano loro sulla nave. A questo punto mi sta intimando di andare lì, provo a risalire questa biscaggina, se ce la faccio più con le forze ad andare su e poi si vedrà, almeno sto lì e siamo tutti in pace"». Ieri è stato ritrovato il corpo della sedicesima vittima: è Lucia Virzì, 49 anni, di Enna. All'appello mancano 22 dispersi mentre 6 cadaveri restano ancora senza nome.

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