Il Governo deve correre per le Olimpiadi

Mario Monti è stato chiamato a Palazzo Chigi per mettere al sicuro i conti pubblici, battere il partito dello spread e lasciare che la democrazia poi torni a fare il suo corso. Figlio di uno «stato d’eccezione», il governo «strano» (Monti dixit) ha allargato i suoi orizzonti occupandosi di tutto senza curarsi troppo del Parlamento. Scelta legittima, ma singolare per un esecutivo che si presenta come «di scopo», con una missione precisa e un limite che non deve dimenticare: non è stato eletto. Ho sostenuto la necessità del governo di transizione, l’ineluttabilità della scelta di Monti, il dovere di farlo governare fino alla fine della legislatura. Ma attenzione, non a qualsiasi condizione e soprattutto con lo sguardo rivolto al programma, alla sua utilità per il Paese. Quando Monti ha varato la prima parte della manovra «salva Italia» ho messo in evidenza la recessività di un’operazione tutta tasse e imposte, ma l’ho considerata inevitabile in quel contesto. Poi è arrivato il decreto sulle liberalizzazioni e, francamente, è una delusione. Hanno la possibilità di rifarsi. Ma la realtà è che la prospettiva del governo è di breve periodo (si vota nel 2013) e rischia di inchiodare un Paese alle corte vedute di Palazzo Chigi. Il fatto che Monti e i suoi ministri non abbiano una prospettiva politica - cosa che in realtà hanno e soprattutto cercano - non può mettere l’Italia nella condizione di uno Stato a potenzialità limitata. Un esempio per chiarire subito cosa intendo: Roma è candidata alle Olimpiadi del 2020. Una sfida globale e un obiettivo degno di una grande potenza qual è l’Italia. Bene, ieri abbiamo appreso che il governo avrebbe delle perplessità e punterebbe a far correre la Capitale per quelle del 2024. Mi chiedo: ma Monti davvero pensa questo? Realmente ragiona su un’Italia incapace di partecipare alla sfida? Immagina seriamente che la terza economia d’Europa possa gettare la spugna facendo finta di rilanciare? Se è così, mi dispiace, ma il governo dei tecnici comincia a essere non la soluzione, ma il problema. L’Italia ha bisogno di una rigorosa manutenzione del bilancio - cosa già avviata dal governo Berlusconi con Tremonti - ma ancor di più ha una disperata necessità di credere in qualcosa, darsi una missione ed essere protagonista nel mondo. L’Italia deve crescere nel Pil e nello spirito. Se il governo riduce l’esistenza di una nazione alla lettera di Bruxelles, allora qualcosa non torna. Se la Capitale deve essere mortificata con un getto della spugna perché un esecutivo di professori non solleva gli occhi dal pallottoliere e dimentica di tenere alta la nostra bandiera, allora i professori non stanno sopra ma sotto la cattedra. I benpensanti dicono: ci sono altre priorità. Benissimo. Ma non siamo soli nell’universo. Londra, che quest’anno ospiterà i Giochi Olimpici, ha attraversato una crisi economica terribile, ha avuto il Paese messo a ferro e fuoco dalle proteste, ha visto un paio di crac bancari risolti con nazionalizzazioni mascherate, dal 2008 la City vive la drammatica trasformazione del capitalismo di cui è il centro finanziario mondiale. Ma Londra non ha mai esitato un minuto ed è pronta all’appuntamento con le Olimpiadi. Dio ha salvato la Regina, non so se avrà tempo per salvare i tecnici.