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Giulio scrittore è più bravo di quando faceva il ministro

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IlTitanic, costruito da professionisti, è affondato. Il primo, il disegno fantastico, trae forza dallo spirito: il secondo, il «disegno tecnico», no. E per questo può funzionare ma pure fallire, se svolto dal lato peggiore dell'umanità: l'egoismo. Una fabula cinica - l'eterno ritorno dell'homo homini lupus - che trova, nella contemporaneità , il proprio palcoscenico nel mercato finanziario. A leggere l'ultimo libro di Giulio Tremonti, Uscita di sicurezza (Rizzoli) si ha l'impressione di essere dinnanzi al miglior Tremonti. Quando fa il professore e sveste i panni del politico, dopo essere stato Ministro, l'economista Giulio diventa sulfureo nei dettagli, attento ai Mefistofele dello spread e della speculazione. Ad esser sinceri le radici della crisi le aveva intraviste già con il suo scritto precedente, «La paura e la speranza». Stavolta, però, la metafora tragica si fa più forte, come l'impellenza di disgiungere il bene dal male: «Per rappresentare la crisi non trovo immagine più efficace di quella composta dalla sequenza di mostri che ti arrivano addosso in un videogame. Arriva un mostro, lo batti. Ti riposi; ma subito dopo arriva un secondo mostro più grande del primo». L'uscita di sicurezza dal «fascismo finanziario» - nota Tremonti - c'è ma è nascosta nel nostro passato prossimo. Separare economia produttiva da economia finanziaria, tutelare la prima e neutralizzare le bische dell'azzardo. Ripristinare l'impero della legge, «mettere lo Stato sopra la finanza e la finanza sotto lo Stato. Farlo vuol dire che è lo Stato che emette moneta, nel nome del popolo. Vuol dire che il credito serve per lo sviluppo e non per la speculazione». Consapevolezza, dunque, per non farsi tagliare il capo dalla finanza. Peccato che il nostro, quando era al Governo, non abbia messo in campo programmi importanti di politica contenuti invece in questo libro. Migliorista, dunque, soprattutto quando scrive e pensa. In fondo assieme a Paolo Savona, ad Alberto Quadrio Curzio, ad Ettore Gotti Tedeschi, per certi aspetti pure ad un suo avversario come il democristiano Paolo Cirino Pomicino, Giulio Tremonti condivide alcune critiche alla contemporaneità, alla sua ambiguità profonda, fatta di trasformazione e crisi del capitalismo. Un'ambiguità affiancata da mutamenti epocali, come l'emergere della turbo-finanza globale e senza confini, con dimensioni che spesso superano quelle di molti Stati. O il protagonismo dei paesi del BRIC (acronimo di Brasile, Russia, India e Cina) con cui bisogna dividere la torta della ricchezza e delle risorse. Da quelle parti gli Stati pesano ancora. Per fortuna. Perché come scrive Tremonti «se la cattiva politica genera corruzione, la cattiva finanza genera qualcosa di peggiore: la distruzione».

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