Italia in "rosso" per due anni
Sarà un 2012 duro quello che aspetta l'economia italiana. Nonostante i tentativi di animare la crescita siano all'ordine del giorno dell'esecutivo Monti, Roma avrà un anno in profondo rosso dal punto di vista del Pil. Non solo. La recessione non finirà presto e prolungherà il suo effetto negativo anche nel 2013. La brutta notizia arriva dal Fondo Monetario Internazionale che nel rimettere mano come di consueto alle proprie previsioni ha dato una generale sforbiciata alle stime di crescita di tutto il mondo. Per l'Italia la contrazione stimata nel 2012 supererà addirittura il 2% attestandosi al 2,2%, con un taglio di ben 2 punti e mezzo rispetto alle previsioni di settembre scorso. Il segno più non riuscirà a tornare nemmeno nel 2013, quando il Pil subirà un calo dello 0,3%. Nell'ultimo update al World Economic Outlook in arrivo la prossima settimana, il Fmi individua nell'area dell'euro il principale malato che contagia e fa vacillare un po' tutte le economie internazionali. «La ripresa globale è minacciata dalle crescenti tensioni nell'area dell'euro», considerata come la «principale ragione» del deterioramento delle prospettive economiche. E ad essa si affiancano e si intrecciano «le fragilità finanziarie altrove». Il Fondo avverte dunque che i rischi al ribasso hanno subìto un'escalation. Così gli economisti di Washington sono stati costretti a dare un taglio netto a tutte le statistiche e questo in gran parte perché «ci si aspetta che l'economia dell'euro area finirà in una lieve recessione nel 2012». E ciò come risultato del rialzo dei rendimenti dei titoli di stato, della diminuzione del credito bancario all'economia reale e dell'impatto delle nuove misure di consolidamento fiscale. I numeri del resto parlano chiaro. La crescita mondiale sarà di appena il 3,3% quest'anno e del 4% il prossimo, con una revisione al ribasso, rispettivamente, di 0,7 e 0,5 punti percentuali. Per tutta l'area della moneta unica, invece, è atteso un calo del Pil pari allo 0,5% nel 2012, con una revisione al ribasso di 1,6 punti percentuali. La crescita tornerà invece nel 2013, ma sarà di appena lo 0,8%. La frenata non risparmierà peraltro neppure il gruppo degli emergenti, che negli ultimi tempi ha rappresentato il vero motore dell'economia globale. «Anche la crescita dei paesi emergenti e in via di sviluppo - si legge infatti nel documento del Fmi - rallenterà a causa del peggioramento dell'mbiente economico esterno e dell'indebolimento della domanda interna». Il Fondo suggerisce quindi alcuni «requisiti essenziali» per far fronte alla difficile situazione attuale. «La più immediata sfida politica - afferma - è di ristabilire la fiducia e di mettere fine alla crisi dell'area euro sostenendo la crescita», garantendo al tempo stesso aggiustamenti di bilancio sostenibili, il contenimento della restrizione del credito bancario e fornendo più liquidità, grazie anche ad una politiva monetaria più accomodante. Intanto però il mercato finanziario sembra in assestamento. A segnalarlo è il buon esito delle aste dei titoli di Stato a lunga scadenza di Spagna e Francia, i dati macroeconomici statunitensi positivi oltre le previsioni, risultati migliori delle stime anche per i giganti del credito Bank of America e Morgan Stanley. Notizie che hanno rallentato l'attacco della speculazione, com spread in forte calo e l'euro in evidente rimonta sul dollaro. Il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi ha infatti chiuso a 451 punti base rispetto a quota 463 della chiusura della vigilia, con il rendimento del principale titolo 10 anni «made in Italy» in ribasso al 6,3%. Le stime negative del Fondo monetario internazionale sul Pil non hanno intaccato la corrente di acquisti. Tutto è cominciato infatti con il boom di domanda per i titoli di Stato spagnoli, che ha subito rinfrancato i mercati: Madrid ha venduto 6,6 miliardi di bond con scadenza 2016, 2019 e 2022 contro un target di 4,5 miliardi. Poco dopo è toccato alla Francia, che ha collocato 8 miliardi di titoli nel primo appuntamento per i Bond a medio e lungo termine dopo il declassamento di Standard&Poor's, con richieste per le tre differenti aste della giornata superiori ai 19 miliardi. Il passaggio era particolarmente atteso, perché era il primo vero test sui titoli a lunga scadenza: nessuno infatti scommette su possibili problemi per i Bond dei Paesi europei nei prossimi 2-3 anni, in quanto ampiamente garantiti dagli interventi della Bce. Ma c'è chi potrebbe «giocare» sui titoli decennali. Così per ora non sembra e le Borse ne hanno subito giovato. La migliore è stata Milano, che ha segnato un aumento finale del 2,4%, seguita da Madrid (+2,1%) e Parigi (+1,9%). Bene anche Atene sulla scia delle voci che le trattative con i creditori privati sarebbero a buon punto. Più cauta Londra, salita di un modesto 0,6%, e che meno di altre piazze finanziarie festeggia il recupero di fiducia nell'area euro. A trainare i listini azionari sono state soprattutto le banche, grazie a due notizie importanti dagli Usa: Bank of America ha annunciato una trimestrale superiore alle attese e a guadagni realizzati dalla vendita di asset, mentre i conti di Morgan Stanley hanno mostrato perdite inferiori al previsto nel quarto trimestre e ricavi oltre le attese. Risultato: l'indice Dj stoxx che indica la media dei titoli bancari europei è salito di oltre il 6% finale, con Bpm schizzata del 17%, Commerzbank del 14%, Societe generale del 13% e Unicredit del 12%. Un clima di fiducia che ha fatto bene all'euro, salito a quota 1,29 contro il dollaro, permettendo alla moneta unica di lasciare i minimi degli ultimi 16 mesi dove languiva da settimane.