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Amiche si riincontrano sulla scialuppa

La nave Costa Concordia naufragata sull'isola del Giglio

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Si sono ritrovate, dopo ventun anni, sul Costa Concordia durante il naufragio mentre cercavano una scialuppa di salvataggio. È una storia drammatica, quella delle 37enni Alessia Balducci e Maria Gina Zinni, ma con il lieto fine. Entrambe abruzzesi, Alessia di Guastameroli, Maria Gina di Roccascalegna, erano state compagne di classe fino al secondo superiore dell'istituto per ragionieri Enrico Fermi di Lanciano. Poi non si sono più riviste fino alla terribile notte dell'affondamento del transatlantico. «Mio marito e io eravamo al ristorante quando abbiamo sentito il boato e i forti scossoni raccontati in migliaia di interviste», ricorda Alessia. «È volato di tutto ed io, istintivamente, mi sono diretta verso le scale. Dietro di me mio marito e tutti gli altri. Arrivata all'ultimo gradino, di sotto c'era altra gente e tra loro, una donna ha cominciato a chiamarmi per nome: "Alessia, sei proprio tu?" Me lo ha ripetuto alcune volte ma io la guardavo e non riuscivo a riconoscerla. Ho impiegato alcuni secondi per capire che era Maria Gina che, con il marito e i due gemelli di nove anni, cercavano scampo come noi». Le due donne non si sono dette altro, neanche una parola; hanno pensato solo a fuggire e cercare scampo per loro e le rispettive famiglie. «Siamo arrivati agli ascensori - continua con gli occhi lucidi - e ho visto acqua a terra, forse arrivava direttamente dalle piscine che, a causa dell'inclinazione, cominciavano a svuotarsi». Pochi minuti dopo erano tutti sul ponte dove c'erano le scialuppe. «Ormai con Maria Gina, i figli e il marito condividevamo la stessa sorte - racconta Alessia - e mentre, cercavamo di accaparrarci i salvagente, lei continuava a disperarsi perché si sentiva colpevole di aver regalato una crociera al marito e all'intera famiglia per festeggiare i 40anni di lui. Piangeva e diceva: "é colpa mia, che cosa ho combinato. Ti rendi conto che rischiamo di morire?" Io cercavo di consolarla anche perché desse supporto ai bambini». Dopo un'ora e mezza che erano sul ponte è suonata la sirena di abbandono nave. «Eravamo vestiti tutti da sera - ricorda ancora Alessia - Maria Gina, addirittura, era scalza perché mentre correva, avendo i tacchi, per paura di cadere, aveva tolto le scarpe, era con i collant. Al suonare della sirena è arrivato un ragazzo in divisa bianca che si è messo insieme ai filippini davanti al cancello della scialuppa. Poco dopo ha aperto il cancello e senza alcun ordine, ci siamo catapultati nelle imbarcazioni di emergenza. Una barca molto profonda, coperta da un telone ben incordato. Eravamo al chiuso e c'erano posti per cento persone ma noi eravamo almeno 150». Dopo dieci minuti, l'ordine di scendere sul ponte. «Siamo scesi piangendo - prosegue Alessia - perché ci accorgevano che la nave continuava ad inclinarsi tanto da non riuscire a rimanere in piedi e ognuno reggeva l'altro come in una catena umana, proteggendo principalmente bambini e anziani. In tutto questo Maria Gina e la famiglia erano sempre con noi. Poi ancora le sirene e nuovo tuffo, questa volta con ancora maggior violenza, nella scialuppa che ha iniziato da subito la discesa verso il mare. Sospesa nell'aria, qualcosa si è incastrato e l'imbarcazione sembrava non riuscire a scendere, anzi si è inclinata pericolosamente su un lato. Poi, però, è tornata a scendere fino a toccare l'acqua allontanandosi dalla Concordia». In pochi minuti i naufraghi hanno toccato terra e sono stati accolti dal personale e dai residenti dell'isola del Giglio. «Solo quando siamo arrivati nella palestra dell'isola abbiamo avuto il tempo di abbracciarci e piangere. Poi ci siamo raccontate ciò che avevamo fatto nei 21 anni precedenti. Ho saputo, così, che lei aveva sposato il fidanzato storico e che lavora in un ufficio. Ci siamo ripromesse di non perderci più di vista».

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