La crisi si batte con un patto tra Pdl e Pd
Il governo oggi presenterà la sua ricetta per le liberalizzazioni. Aspettiamo di leggere il testo per dare una valutazione. Non siamo ancora un Paese maturo, perché il dibattito pubblico non è stato all'altezza dell'argomento. È una condizione esistenziale presente nello stesso governo che ha mostrato una doppia linea. A Palazzo Chigi ci sono due fazioni: quella dei «brussellesi» che pensa che lo scontro sociale sia una conseguenza del decisionismo; quella dei «trattativisti» che invece ascolta, consulta senza concertare, corregge la rotta e cerca di tenere insieme le anime di una nazione unita da 150 anni ma divisa da sempre dal suo spirito neocorporativo. Eppure i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Le stime sulla crescita economica del Fondo Monetario Internazionale sono da allarme rosso: la crescita mondiale quest'anno sarà solo del 3,3 per cento, quella dell'Eurozona è a - 0,5 per cento, mentre per l'Italia lo scenario è peggiore: - 2,2 per cento nel 2012 e a - 0,6 per cento nel 2013. Due anni di recessione. Il Paese è inclinato come la nave Concordia e le squadre di salvataggio sono confuse. Lo «stato d'eccezione» da cui nasce il governo si percepisce chiaramente, ma potrebbe non essere sufficiente a convincere tutti della necessità di guardare avanti senza voltarsi indietro. La tentazione della «rottura» esiste e un governo dei tecnici resta - per usare le parole di Monti - uno «strano» strumento per vincere una sfida così grande. Si va avanti perché non ci sono alternative, anzi una vi sarebbe: un accordo tra il Pdl e il Pd per salvare l'Italia dalla speculazione e far ripartire la macchina delle riforme. Possono stare insieme partiti che si sono combattuti fino a ieri senza esclusione di colpi? Se ci voltiamo indietro la risposta è no, ma se guardiamo avanti allora questa è la via più seria per governare. Ipartiti e i leader non possono essere prigionieri della loro storia in eterno. Lo sa Bersani e lo sa anche Berlusconi. In fondo, il Pdl e il Pd sono i partiti più longevi del quadro politico italiano, quelli che hanno segnato il destino del Paese negli ultimi diciotto anni. Quelli che hanno il dovere di traghettarlo nel futuro.