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Il partito cuce la bocca a Maroni. L'ex ministro: vogliono cacciarmi

Roberto Maroni

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La Lega raccoglie i cocci e il giorno dopo il voto su Cosentino si trova a fare i conti con una dura realtà: la base, infuriata su internet e sui vari blog, non risparmia critiche ai vertici del movimento, big leghisti che si scontrano sui social network nella speranza di difendere le proprie scelte, amministratori locali che chiedono a gran voce l'apertura dei congressi e nuovi giornali nordisti, come il neonato quotidiano online L'Indipendenza, che scendono in campo per fare concorrenza a La Padania e si fanno promotori di una nuova linea editoriale libera dalle pressioni «bossiane» o «maroniane». Una situazione preoccupante soprattutto in vista della manifestazione antigovernativa che i Lumbard stanno organizzando a Milano il 22 gennaio e che potrebbe diventare la cartina tornasole del malessere di un movimento che si trova a vivere un'ormai inevitabile svolta. Ieri, inoltre, come se non bastasse, dal direttivo del partito è arrivato l'ordine perentorio di negare la piazza all'ex ministro Roberto Maroni, per volontà dello stesso Senatur. La reazione di Bobo non si è fatta attendere: «Vogliono cacciarmi. Non so perché - ha detto -, nessuno me lo ha spiegato, sono stupefatto e mi viene da vomitare». E per fortuna che in casa Lega la linea ufficiale doveva essere quella di minimizzare. Un incarico che si è assunto, per primo, il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni: «Non c'è nessuna spaccatura. Si tratta solo di dialettica interna». In realtà, però, è in atto una resa dei conti per il "dopo Bossi" in vista delle prossime Amministrative, il primo vero banco di prova della tenuta del partito. Un equilibrio precario evidenziato anche ieri nel duro botta e risposta su Facebook proprio tra Maroni e Reguzzoni. L'ex ministro, sul social network, si diceva «amareggiato e un pò deluso, ma non smetto di credere e di lavorare per la Lega che ho contribuito a costruire in oltre 25 anni di attività politica». Un "post" corredato da un ringraziamento ai militanti leghisti: «Grazie a chi ci sostiene senza chiedere altra ricompensa che vederci lottare senza paura per il nostro grande progetto di rivoluzione democratica: la Padania». Parole che, sempre su Facebook, hanno trovato la replica di Reguzzoni: «Caro Roberto, chi è causa del suo mal pianga sé stesso» spiegando poi che sulla vicenda Cosentino «non lo abbiamo salvato noi perché quasi tutto il gruppo ha seguito le indicazioni di Bossi che ha detto di votare sì, mica no. Non è forse che tu hai sbagliato nel comunicare con i giornalisti? E poi se Cosentino andava messo in galera, perché non ce lo hai detto quando eravate ministro e sottosegretario?». Equilibri instabili, alleanze a rischio e una base che ha sempre più voglia di sventolare la bandiera dei congressi. Così si presenterà la Lega alla propria gente a Milano tra meno di dieci giorni, e da lì dovrà dare dimostrazione di essere una forza unita in grado di non difendere solo poltrone.

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