Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Cadaveri a pelo d'acqua: riaffiora la tragedia davanti al Giglio, con il gigante sempre più sommerso da molti segreti e troppi dubbi.

default_image

  • a
  • a
  • a

Perora a 90 gradi. Così, la conta prende il sopravvento sulla speranza: a 48 ore dal naufragio i morti accertati sono diventati cinque. Ed è un bilancio destinato a salire ancora, visto che i numeri ufficiali parlano di 17 dispersi. Nel frattempo, riemerge anche la scatola nera, dalla quale stanno arrivando le prime conferme a quello che tutti, al Giglio, hanno visto: la Concordia era a soli 150 metri dalla costa, un punto dove non avrebbe mai dovuto essere. Come se non bastasse, l'allarme è stato dato un'ora dopo l'impatto con lo scoglio killer, suo malgrado. Un interrogativo pesantissimo? La Costa Crociere si è difesa sottolineando che il comandante aveva superato tutte le verifiche di idoneità e che l'equipaggio era addestrato alla gestione delle emergenze. Sembra francamente un po' pochino. Il ritrovamento dei due corpi è avvenuto nel pomeriggio di una giornata che era iniziata in tutt'altra maniera: infatti, i Saf dei vigili del fuoco avevano ritrovato vivi nella notte una coppia di coreani in viaggio di nozze, Hye Jim Jeong e Kideok Han: erano rimasti chiusi nella loro cabina, non avendo sentito l'allarme. «Avevamo paura di morire di fame e di freddo, temevamo che nessuno ci sentisse» hanno raccontato. In salvo anche Marrico Giampetroni, il commissario capo della nave, quello che molti già chiamano eroe. Purtroppo, col passare delle ore i vivi hanno lasciato spazio ai morti. E la perlustrazione delle zone della nave completamente sommerse, cominciata ieri, ha dato le risposte che si temevano: non tutti ce l'hanno fatta a mettersi in salvo e qualcuno - quanti ancora non si sa - è rimasto intrappolato a venti metri di profondità. Due sfortunati li hanno trovati i sub della Guardia Costiera. Stavano perlustrando la zona di poppa della murata di dritta: in quello che era il terzo ponte, nei pressi del punto di raccolta indicato con la lettera «A» c'erano i cadaveri di due uomini anziani. Entrambi avevano il giubbotto salvagente, segno inequivocabile che non hanno fatto in tempo a raggiungere le zone più sicure della nave, per mettersi in salvo. Identificarli è stato quasi facile: lo spagnolo Guillermo Gual, 69 anni, aveva i documenti in tasca; Giovanni Masia, 86 anni, invece, aveva al collo una piastrina con le sue generalità. Giovanni era in crociera con la moglie Giuseppina. Il figlio Claudio, cassintegrato della Ilva, aveva deciso di accompagnarli nel loro 'primò viaggio fuori dalla Sardegna dopo il viaggio di nozze. A casa son tornati lui, sua moglie e i suoi figli, una nipotina, Giuseppina. Giovanni no. Secondo il presidente della provincia di Grosseto e la Costa, mancano all'appello 17 persone: 11 passeggeri e 6 membri di equipaggio. Se siano sfuggiti ai conteggi, come i due giapponesi rintracciati oggi a Roma, è quello che tutti sperano, ma più passano le ore e più sono quelli che temono che siano intrappolati là sotto. Tra loro dovrebbe esserci William Arlotti e sua figlia di 5 anni, partiti da Rimini, due coppie di francesi, due americani, una peruviana. E due donne siciliane, Maria Grazia Trecanico e Luisa Virzì: risulterebbero conteggiate tra quelli salvati dopo il naufragio, ma di loro non c'è traccia. È sempre più una corsa contro il tempo: mercoledì le condizioni del tempo peggioreranno e questo potrebbe creare problemi seri. Non solo, infatti, sarà più difficile muoversi attorno e dentro la nave, ma il mare mosso potrebbe spostare la Concordia e farla scivolare verso un punto di non ritorno. A 30 metri dalla poppa c'è infatti uno scalino di roccia al termine del quale il fondale raggiunge i 70 metri. Dunque, la nave potrebbe finire interamente sommersa. Viceversa non è una corsa quella della Procura di Grosseto, che vuole avere ben chiaro cosa è accaduto. Al centro degli accertamenti c'è sempre il comandante Francesco Schettino, ora smentito anche dai dati della scatola nera. Ma non solo: l'uomo avrebbe dato l'allarme un'ora dopo l'impatto e quando gli uomini della Guardia Costiera, nelle concitate fasi del soccorso, gli avrebbero detto di risalire sulla nave, lui si sarebbe rifiutato. L'indagine dovrà poi chiarire se è vero, come sostengono tutti al Giglio, che quella di fare l'«inchino» all'isola suonando le sirene è un'usanza che tutti i comandanti, e dunque anche Schettino, rispettano. Tanto che il sindaco, ad agosto, scrisse una mail di ringraziamento a un vecchio comandante della Costa, che era passato vicino all'isola. Mail imbarazzante e fuoriluogo pensando alle vittime della «Concordia».

Dai blog