Della Valle: volevo mollare il Colosseo. Ornaghi mi ha chiesto di aspettare
«L'oggetto più bello del mondo». Parola di Diego Della Valle sul monumento che vuole salvare cacciando 25 milioni di euro e che invece le solite beghe italiane gli stanno per far rimettere in tasca. Il patron di Tod's, 577 milioni di fatturato nel 2010, si è catapultato ieri a Roma («Ero nel mio ufficio a Parigi») dopo aver saputo che Procura e Corte dei conti apriranno un'inchiesta sulla sua sponsorizzazione per il restauro del Colosseo. La mattina ha visto il ministro per i Beni Culturali Lorenzo Ornaghi («Il terzo che incontro per questa faccenda»), nel pomeriggio, all'Hotel Hassler di Trinità dei Monti, ha detto chiaro e tondo che cosa pensa di fronte a un parterre di giornalisti e fotoreporter simile a quello che un divo del cinema - già, alloggiano tutti qui quando arrivano nella Capitale - si trova approntato. Parla alla platea da solo, seduto a un tavolo pieno di microfoni, sullo sfondo di una statua di marmo antico. Non beve un sorso d'acqua, le canta senza scomporsi ma tirato come una corda di violino. «Io volevo recedere dal contratto per il quale ho già versato allo Stato italiano dieci milioni dei 25 promessi. Ma nell'incontro al Collegio Romano il ministro Ornaghi mi ha pregato di aspettare. Aspetterò, ma non per un periodo lungo. Chi ha la delega a fare chiarezza, faccia presto, perché queste cose non fanno bene all'immagine del Paese». Lo sanno bene al ministero, e infatti dalla segretaria di Ornaghi arriva la conferma dei termini del colloquio: «Il ministro ha rivolto al dottor Della Valle un convinto invito ad attendere prima di maturare una decisione definitiva». È consapevole, Ornaghi, che tutela e valorizzazione di un bene culturale straordinario qual è il Colosseo sono «paradigmatiche in una fase in cui il Paese tende a rilanciare fattori e motivazioni del proprio sviluppo». Ma lo sa bene anche l'imprenditore marchigiano che la palude in cui Codacons e Uilbac hanno infilato l'affaire Anfiteatro Flavio nuoce al proprio impero. «Speriamo che l'indagine chiarisca che la situazione è cristallina, ma senza lasciare passare troppo tempo, anche perché il nostro gruppo è quotato in Borsa e non vogliamo che ci siano incidenti di sorta». Quanto tempo sia disposto ad aspettare Della Valle non ha voluto specificare. Ma è alle porte il pronunciamento del Tar sulla convenzione firmata dall'industriale e dall'ex Commissario Straordinario all'Archeologia Roberto Cecchi, ora vice ministro e in procinto di essere ascoltato dal pm di Roma, anche se Ornaghi gli ha rinnovato «stima e fiducia». Della Valle dice di non conoscere l'iter della burocrazia, il groviglio dell'eventuale sospensiva e del ricorso al Consiglio di Stato. Ma qui si scherza col fuoco e davvero tra due settimane la sentenza del Tar potrebbe far naufragare l'intesa Tod's-Ministero. E però finché sta in ballo ci tiene, Della Valle, a chiarire che lui caccia 25 milioni ma non fa «operazione commerciale». «Avevamo voglia di sponsorizzare l'immagine del Colosseo senza nulla in cambio. Basta leggere le carte per capirlo. Volevamo raccontare il restauro in giro per il mondo, costruire una Onlus senza fini di lucro per agevolare gli anziani e giovani. Me la ricordo l'emozione che provai quando visitai per la prima volta il Colosseo, ragazzino in gita scolastica a Roma». E quando lo incalzano sui «vantaggi» dell'accordo, li elenca puntiglioso: «Scrivere sulla nostra carta intestata che siamo gli sponsor del restauro, così come sui pannelli a terra attorno al cantiere. Per quindici anni. Chi parla di promozioni su nostri prodotti dice stupidaggini. Mentre è vero che un gruppo chiese di farci una sfilata di auto, dentro all'Anfiteatro». Però «se qualcuno non è contento, se altri hanno proposte migliori della nostra, ci mettiamo da parte e subentrino loro». Poi l'ultimo affondo: «Volevo essere un esempio positivo e portarmi dietro imprenditori per situazioni critiche come Venezia e Pompei. Invece ecco questa cosa costruita sul nulla ma con una precisa regia. Chi ha messo in piedi la piccola operazione di cabotaggio cittadino non si rendere condo di cosa ha fatto». Con Alemanno ha parlato? «Non in questi giorni. Ma ha ragione a essere indignato, lo sono anch'io». Il sindaco in serata lo ringrazia per «la pazienza, il coraggio, la volontà di aiutare Roma». E minimizza le inchieste di Procura e Corte dei conti come «atti dovuti». Chissà se Tod's è d'accordo.