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I magistrati bloccano anche il Colosseo

Diego Della Valle a Roma, durante la presentazione dei lavori di restauro del Colosseo

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Su Monti e la stagione del salva-Italia cade un'altra tegola. Peggio, un pezzo di quel travertino d'antan che il mondo ci invidia. È il pasticciaccio-Colosseo, che ieri ha registrato il diapason dopo i rilievi di Tar e Antitrust resi noti dal solito Codacons e gli altolà di Uilbac, l'agguerrito sindacato interno ai Beni Culturali. La Procura di Roma, su esposto proprio di Uilbac, ha aperto un fascicolo, per ora senza ipotesi di reato. Da piazzale Clodio trapela che i magistrati potrebbero configurare l'ipotesi di abuso d'atti d'ufficio riguardante la convenzione per il restauro dell'Anfiteatro Flavio. Idem sta facendo la Corte dei conti. In soldoni: le procedure per affidare alla Tod's di Diego Della Valle la sponsorizzazione del risanamento del Colosseo sarebbero state irregolari perché hanno escluso dalla gara altri soggetti interessati, come una casa automobilistica e una compagnia aerea. Che cosa c'entra Monti? C'entra perché salva-Colosseo è una pietra di Salva-Italia. Perché il rilancio, la spinta, la fase due del Paese passa anche per il patrimonio monumentale. Che dovrebbe creare ricchezza, posti di lavoro, pil, orgoglio italiano, fiducia eccetera eccetera. E c'entra perché nell'indagine della procura, affidata al pm Maria Letizia Golfieri, sarà ascoltato come persona informata dei fatti il sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi, che in qualità di Commissario Straordinario all'area archeologica della Capitale firmò un anno fa, insieme alla soprintendente Anna Maria Moretti, l'accordo con Della Valle, pronto a offrire 25 milioni per risanare il Colosseo. Cecchi, che già alla comunicazione dei rilievi Antitrust aveva difeso la trasparenza dell'intesa, ribatte adesso con un «sono sereno». E spiega: «Al momento non ho ricevuto alcuna comunicazione dall'autorità giudiziaria, ma qualora ne ricevessi collaborerò con il massimo impegno». «Sono convinto - ribadisce - che abbiamo agito con la massima correttezza per l'interesse pubblico». Ma chissà se scricchiola un po' la certezza espressa l'altroieri di andare avanti «nella direzione intrapresa». Perché se è vero che il ruolo di commissario straordinario prevede decisioni rapide e libere da certi lacciuoli, è anche vero che l'operazione-Colosseo infilata nei faldoni dei magistrati a due mesi dall'avvio dei cantieri potrebbe avere il solito epilogo all'italiana: bocce ferme, rinvii alle calende greche, finanziamenti in tasca che invece scivolano via da un improvvido buco. Cecchi ha spiegato che nel 2010 la prima gara andò deserta e che in quel caso la proposta Della Valle arrivò fuori tempo. Incongrua quella di Ryanair, che voleva usare il Colosseo da sfondo per cartelloni pubblicitari. Poi alla trattativa privata si è aggiunta la Finit. Dopo un mese, l'offerta Tod's, che richiedeva risposta immediata. Fu accettata. Senza ricorsi da parte degli altri soggetti né della Corte dei conti. Ora Uilbac ha vinto una mano della partita. E suona strano che la Uil nazionale si affretti a precisare di essere «favorevole al restauro del Colosseo» anche se la verifica della legittimità delle decisioni «è operazione sacrosanta». «Ma non vorremmo - aggiunge il sindacato di Angeletti - che l'unico risultato fosse, ora, la perdita di un investimento di 25 milioni di euro, a danno del monumento più prestigioso del patrimonio culturale italiano, dei lavoratori e dei cittadini romani». Pensate che all'estero ci capiscano?

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