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«Esigenze largamente avvertite dall'opinione pubblica» suggeriscono che l'attuale legge elettorale, il cosiddetto Porcellum, va rivisto.

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GiorgioNapolitano ieri ha visto Renato Schifani e Gianfranco Fini al Colle – secondo un incontro fissato prima della sentenza – e si fa portatore dell'urgenza di un nuovo sistema elettorale chiedendo a «partiti e Parlamento» di mettere mano alle riforme istituzionali. Quella con il presidente del Senato e con il presidente della Camera è un'azione che, come recita la nota del Colle, evidenzia la «comune convinzione» che ora spetti alle forze politiche e alle Camere agire per dare basi più adeguate al sistema istituzionale. Il messaggio è che dopo la sentenza della Consulta che, evidenzia la nota del Quirinale, ha agito nel «rigoroso esercizio delle proprie funzioni», le tre massime cariche dello Stato lanciano un appello comune al Parlamento per intervenire anche sul Porcellum. Una scelta pensata anche per capire le reali intenzioni dei partiti sulla legge che fu firmata da Roberto Calderoli, al di là delle dichiarazioni di rito. Quella che si prepara insomma potrebbe rivelarsi come operazione verità sulle forze politiche. Al di là di tutto, comunque, non è la prima volta che il presidente della Repubblica esorta Parlamento e partiti a mettere mano alle riforme, argomento che, ha sottolineato più volte dalla nascita del governo Monti, non compete all'esecutivo. Sul cosiddetto Porcellum invece si era già espresso alla fine di settembre quando, parlando da Napoli sulla «rottura del rapporto di fiducia elettore-eletto», si concesse un apprezzamento sul sistema delle preferenze, che pur presentando delle «negatività» - spiegava - è «certamente una forma di collegamento più diretto» tra cittadini e parlamentari. Ora tocca alle Camere. La Consulta ha svolto il suo ruolo e dire che abbia scelto per fare un «piacere al capo dello Stato», come ha affermato Antonio Di Pietro, è «insinuazione volgare e del tutto gratuita che denota solo scorrettezza istituzionale», rilevano dal Quirinale. Per quanto riguarda il governo la bocciatura del referendum sulla legge elettorale da parte della Consulta, a detta di diversi osservatori e parecchi esponenti politici, elimina una possibile grana per l'Esecutivo. Un'analisi che, prescindendo dal merito della questione, non può che essere condivisa anche da palazzo Chigi. Perché il referendum - conferma una persona bene informata sugli umori del capo del governo - poteva creare tensioni nella maggioranza che sostiene l'Esecutivo e questo non poteva che accrescere le difficoltà in una fase delicata per il Paese. Ovviamente sulla decisione della Consulta non si registrano commenti da parte di Palazzo Chigi. Monti, nelle scorse settimane, è stato molto attento a tenersi lontano dal nodo referendario, lasciando che fossero i partiti a gestire la partita. Ma ciò non significa che in ambienti vicini a palazzo Chigi non si sia arrivati alle medesime conclusioni a cui sono arrivati in tanti nei Palazzi della Politica: che la decisione della Consulta ha «disinnescato» un possibile rischio.

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