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La bizzarra crociata Ue contro Orban

Il premier ungherese Viktor Orban

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Conosco poco della vita e del pensiero di Victor Orbàn, premier ungherese «classificato» come nemico pubblico numero uno. La sua «svolta nazionalista» spaventa, si dice, gli europei, ma guarda un po' non gli ungheresi. Governa con decisione e tenta di far valere le ragioni del suo Paese con la forza dei due terzi del Parlamento (eletto democraticamente) e della maggioranza dei magiari. Si oppone ai ricatti dell'Europa dei burocrati e pretende che il suo popolo sopravviva nonostante i diktat di Bruxelles. È un anticomunista assoluto, e non «relativo»: motivo sufficiente per lanciare una crociata contro di lui ed il suo governo? Ma che razza di concezione si ha dell'autodeterminazione delle nazioni se, non condividendo i provvedimenti liberamente adottati dai parlamenti, ci si scaglia contro chi si mette al di fuori del perimetro del «politicamente corretto»? Nello scintillante e coraggioso articolo che Ruggero Guarini ha pubblicato sabato su questo giornale ho colto accenti di legalità democratica rivendicata con spirito autenticamente liberale che altri, peraltro solerti assertori della stessa a corrente alternata, hanno preferito avvolgere nella cartaccia del pensiero unico. Chi chiede l'ingerenza dell'Europa nella politica di Budapest, non ha fatto i conti con le conseguenze di un tale atto sconsiderato. Orbàn ed i suoi sostenitori non sono dèmoni che perseguono il disegno di distruggere il Vecchio Continente. Se la signora Viviane Reding, commissario europeo per la giustizia, ritiene che potrebbe avviare «una procedura d'infrazione per il mancato rispetto del diritto comunitario» è altrettanto vero che, di fronte all'aggravarsi della situazione economica, il governo è ragionevolmente disposto a negoziare con l'Fmi e la Commissione. Non sembra che Orbàn abbia dunque tirato fuori le baionette. Forse lo pensa Paolo Flores d'Arcais il quale, nel suo furore giacobino, oltre a chiedere l'intervento dell'Ue in Ungheria (come, con quali mezzi, con quante armate?), prima che in Europa si diffonda il «contagio antidemocratico», si lancia in una filippica che contiene spunti di comicità irresistibili. Sul «Fatto quotidiano» ha scritto, infatti: «L'Europa ha fatto malissimo a non intervenire contro Berlusconi per quasi vent'anni, se non interviene contro Orbàn prepara il proprio suicidio». Insomma, le istituzioni europee dovrebbero fare la guerra a tutti coloro che non stanno simpatici alla sinistra e a Flores d'Arcais. Il quale dimentica di spiegarci in che modo il nostro Continente si suiciderebbe in mancanza di una massiccia offensiva contro Orbàn che, se non dovesse essere più gradito alla maggioranza degli ungheresi, toglierà certamente il disturbo in seguito ad un responso elettorale. È così che funzionano le democrazie. Senza pretendere «cordoni sanitari» o additando come «complici» del presunto tiranno ungherese Merkel, Cameron e Sarkozy se non si adeguano alle «direttive» dell'ex-trotzkista Flores d'Arcais. L'Ungheria, per chi lo avesse dimenticato, è una nazione «ribelle» per sua natura. Rischiò di mandare in frantumi il grande e potente impero asburgico nella seconda metà dell'Ottocento, battendosi per l'autonomia dovuta alla Corona di Santo Stefano; diede un contributo di sangue assai rilevante alla lotta contro il nazismo, avversando le Croci Frecciate di Ferenc Szalasi; nel 1956 insorse contro l'Unione Sovietica le cui truppe repressero nel sangue la rivolta di civili armati soltanto del loro spirito di libertà; si tenne stretta, durante il lungo dominio sovietico, attorno al suo primate, cardinale Jozsef Mindszenty, più volte incarcerato e poi condannato all'ergastolo. Infine, il 23 agosto 1989, tre mesi prima della caduta del Muro, gli ungheresi cominciarono a smantellare la «cortina di ferro», accelerando le procedure per lo scioglimento del Patto di Varsavia. Ora, da membro dell'Ue, l'Ungheria vorrebbe il rispetto delle sue leggi che possono essere perfino eccentriche rispetto al Trattato di Lisbona, rischiando in tal caso di incorrere nelle sanzioni previste. Ma fino a quando non verranno offerte prove oggettive, Orbàn ha tutto il diritto di governare con il consenso del Parlamento. Sarebbe bene che i leader europei gettassero acqua sul fuoco. Di un nuovo incendio continentale non si sente davvero il bisogno.

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