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Aumento di capitale

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Unicredit scivola Giornata nera per il titolo (-12,8%) L'ad Ghizzoni: l'operazione è buona

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Unadelle più importanti banche italiane alle prese con la richiesta al mercato e ai suoi azionisti di una somma pari a 7,5 miliardi di euro per rafforzare il suo patrimonio di garanzia ha archiviato il primo giorno di ricapitalizzazione con una sonora bocciatura. Le azioni reduci da cali a due cifre la scorsa settimana hanno perso un ulteriore 12,8% chiudendo a 2,28 euro (in avvio il titolo era a 2,62 euro). Ancora più drastico il calo per i diritti di sottoscrizione: -65,4% a 0,47 euro (in apertura 1,359). Una dèbacle che ha fatto scendere in campo lo stesso ad della banca di Piazza Cordusio che ha cercato di dare una spiegazione razionale a una giornata così nera per l'azione: «Non ci aspettavamo un calo del titolo in borsa di questa entità, che va al di là della flessione fisiologica attesa, dovuto a fattori tecnici e a fattori di carattere più generale. Ma questo non tocca la bontà dell'operazione» ha detto Federico Ghizzoni in un collegamento coi 60 mila dipendenti italiani del gruppo. «Va detto con chiarezza - ha voluto sottolineare il manager - che i fondamentali della banca sono buoni, che abbiamo una ottima situazione di liquidità, e tutto ciò avrà molto più valore al termine dell'operazione». Sul mercato è stata una seduta da paura con gli operatori che affermano di non ricordare casi di diritti andare così giù. È ovvio - rilevano - che ci siano degli arbitraggi ma la situazione non è decifrabile neanche per gli addetti ai lavori, che si dicono convinti che ci sia qualche forzatura. Serviranno allora nervi saldi anche nelle prossime settimane. Che qualcosa non sia molto trasparente negli scambi di Borsa è apparso chiaro anche nei movimenti del titolo della scorsa settimana. Al punto che la Consob, l'organismo di regolamentazione del mercato finanziario italiano, ha aperto un dossier per stabilire se ci siano state manovre speculative in grado di alterare il corso dell'azione. Sulla diminuzione forzata del prezzo delle azioni e dunque sulla possibilità di sottoscrivere le quote di capitale aleggia la possibile revisione dell'assetto societario e di controllo. Il maxi-aumento di capitale potrebbe infatti portare ad un riassetto azionario tale da cambiare volto alla banca e renderne meno sicura l'italianità. Per ora la ricapitalizzazione, garantita da un consorzio di 26 banche capitanate da Mediobanca e Merril Lynch, terminerà a fine mese (il 27 gennaio) mentre i diritti di opzione saranno negoziabili fino al 20 gennaio (dal 12 al 20 alla Borsa di Varsavia). L'inoptato poì verrà offerto entro il 27 gennaio. Gli impegni dei grandi soci, tra vincolanti e non, ammontano a circa il 24%, più o meno 1,8 miliardi. Restano, dunque, altri 5,7 miliardi da reperire sul mercato. È immaginabile che BofA Merrill Lynch e Mediobanca stiano già cercando qualche investitore non solo in Italia, Germania e Polonia e Austria dove sono previste le offerte al pubblico, magari in Cina o in Arabia. Tra gli azionisti storici mancano ancora all'appello il fondo di Abu Dhabi Aabar (4,99%) e la Lybian Investment Authority (2,59% del capitale) che, orientata comunque per il sì, aspettava di conoscere il prezzo dell'aumento. Non hanno ancora sciolto le riserve CrTrieste (0,5%) e Cassamarca (0,7%). Quest'ultima ha convocato per il prossimo 17 gennaio il cda per decidere se partecipare e in che misura. Tra le altre fondazioni Manodori (0,79%) ha deciso per un impegno parziale. Mentre gli investitori riuniti dalla Alessandro Proto Consulting hanno annunciato l'adesione per la loro quota, pari allo 0,8%.

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