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Ultimatum dell'Iran: via navi Usa dal Golfo

Stretto di Hormuz, tensioni tra Usa e Iran

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L'Iran è lontano, ma il distributore di benzina sta sotto casa in Italia. Non bastava il pesante ritocco delle accise da parte di Monti: adesso le tensioni nelle Stretto di Hormuz, crocevia iraniano del greggio, fanno sentire il loro effetto nel quadro dei timori per una possibile interruzione dei rifornimenti nel Paese degli ayatollah. I future sul greggio con scadenza febbraio hanno aperto ieri a 101,39 dollari al barile, in rialzo di 2,56 dollari a New York, piazza nella quale la chiusura parla di quotazioni salite del 4,2%, a 103,01 dollari al barile. Dunque se è guerra fredda, i prezzi del «ricatto» sono «caldissimi. Sono appena terminate le esercitazioni navali nei dintorni dello stretto di Hormuz - durate dieci giorni e costellate da test missilistici - e l'Iran torna a minacciare gli Stati Uniti di ritorsioni se una portaerei americana pattuglierà ancora nel Golfo Persico. Nuove minacce immediatamente respinte dagli Usa e che dimostrano, secondo la Casa Bianca, la «debolezza» del regime sotto la pressione delle sanzioni internazionali volute per costringerlo ad abbandonare il proprio programma nucleare. Teheran cerca così di distogliere l'attenzione dai suoi problemi interni, ha aggiunto il portavoce dell'amministrazione americana, Jay Carney, mentre il Pentagono, dal canto suo, ha assicurato che le missioni nel Golfo continueranno. Lo Stretto di Hormuz, passaggio cruciale del petrolio dal Golfo verso l'Occidente, è da giorni al centro di tensioni crescenti tra Teheran e Washington, soprattutto dopo la decisione americana di varare nuove sanzioni contro le istituzioni finanziarie iraniane, con il regime degli ayatollah che ha più volte ipotizzato - ma anche smentito - di chiudere lo Stretto sul Golfo. Le stesse esercitazioni in quelle acque volevano dimostrare le capacità iraniane di prenderne il controllo. La portaerei Uss John C. Stennis e l'incrociatore lanciamissili Uss Mobile Bay avevano compiuto la settimana scorsa un «passaggio di routine» attraverso lo Stretto. «Consigliamo alla portaerei americana che ha attraversato Hormuz e che si trova nel mare dell'Oman di non tornare nel Golfo Persico», ha quindi minacciato nella mattinata di ieri il capo delle forze armate iraniane, generale Ataollah Salehi, citato dall'agenzia Fars, aggiungendo che «la Repubblica Islamica non ha l'abitudine di ripetere i suoi avvertimenti». Dal canto suo, il Pentagono ha assicurato che gli Stati Uniti continueranno a dispiegare le loro navi da guerra nel Golfo: «Si tratta di movimenti regolarmente programmati», in accordo con le leggi internazionali, in acque considerate «fondamentali per il commercio globale». Washington ha cercato di minimizzare la minaccia, ritenendo «importante abbassare la temperatura» delle tensioni. «Nessuno in questo governo cerca lo scontro sullo stretto di Hormuz», ha detto il portavoce del Pentagono, George Little, ma - ha ribadito - «il nostro interesse è garantire la sicurezza del passaggio marittimo alle navi che vi transitano». Interrogato sulle tensioni crescenti tra washington e il paese mediorientale, il portavoce del governo jay carney ha detto che l'iran vuole distogliere l'attenzione dai suoi sempre crescenti problemi. La minaccia di rappresaglie nel caso in cui la portaerei john stennis entrasse nel golfo persico «riflette il fatto che teheran è in posizione di debolezza», ha detto Carney ai giornalisti. Intanto anche la Francia è tornata ad accusare l'Iran di «proseguire nella preparazione della sua arma nucleare». «È il motivo per cui Parigi, senza chiudere la strada al negoziato e al dialogo con l'Iran, auspica un inasprimento delle sanzioni» europee, ha detto il ministro degli Esteri Alain Juppé. Teheran sarebbe pronta a riprendere il dialogo con l'Unione europea e ha chiesto al capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, di proporre «una data e un luogo» per ricominciare i negoziati interrotti da un anno. «Non basta un annuncio - ha replicato un portavoce di Ashton -. Teheran deve prima rispondere alla nostra lettera dello scorso ottobre». Nella missiva, l'Alto rappresentante della politica estera Ue chiedeva ai dirigenti iraniani di dimostrare la sua volontà di rispondere alle preoccupazioni sulla natura del suo programma nucleare. Per comprendere meglio la posta in palio, non è casuale che il braccio di mare di Hormuzsia realmente lo snodo strategico dell'intero conflitto. Per ora «freddo». Infatti, lo Stretto di Hormuz, porta di accesso al Golfo Persico, è il più importante crocevia del greggio del mondo. Attraverso i 54 chilometri di mare che dividono l'Oman e l'Iran passano ogni giorno 17 milioni di barili di greggio: si tratta del 40% del traffico marittimo petrolifero, pari a 43 milioni di barili al giorno, poco più della metà degli 85 milioni di barili estratti quotidianamente nel mondo. In realtà, le petroliere che attraversano lo Stretto sono obbligate a percorrere due corridoi di poco più di 3 chilometri separati da un altro della medesima larghezza. Comunque, Hormuz non è l'unico crocevia strategico («chokepoint»): lo Stretto di Malacca, situato tra Indonesia e Malaysia e Singapore, è la rotta più breve tra i Paesi produttori del Golfo e gli i grandi consumatori asiatici, in primis Cina, Giappone e Corea del Sud, assetati di greggio. Nei tre chilometri del punto piu' stretto passano 15 milioni di barili al giorno. E poi c'è il Canale di Suez, opera del genio e dell'audacia ottocentesca del francese Ferdinand de Lesseps: il corridoio di mare è largo appena trecento metri e collega il Mar Rosso al Mediterraneo, destinazione principale dei 4,5 milioni di barili che quotidianamente percorrono i suoi 163 chilometri. E ancora, Bab-el-Mandeb è il «cokepoint» meno conosciuto anche se negli appena 30 chilometri che separano il Corno d'Africa e la penisola Arabica passano 3,3 milioni di barili di greggio provenienti dal Golfo Persico diretti verso l'Europa e gli Usa. Infine, il Bosforo e i Dardanelli sono le vie d'accesso al petrolio russo e a quello proveniente dal Caspio: i due Stretti separano l'Europa dall'Asia. Nel punto più «angusto» il primo non supera i 700 metri mentre il secondo raggiunge i 1.250. Le petroliere che fanno la spola tra il Mar Nero e il Mediterraneo trasportano 2,4 milioni di barili di greggio al giorno.

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