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Dall'Esquilino a via dell'Omo, le attività milionarie dei cinesi

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Sonoarrivati con le valigie piene di soldi veri. Come hanno fatto all'Equilino. E hanno comprato tutto il comprabile: anche le case dei residenti storici, 30-40 mila persone che hanno venduto e se ne sono andate ad abitare nelle case nuove di Ponte di Nona, lasciando i vecchi appartamenti austeri, molti senza ascensore, ai nuovi inquilini, che hanno aperto o rilevato attività commerciali. Come è successo per il bar di via Tempesta, all'angolo con via Casilina, gestito dai familiari della moglie di Zhou Zeng, il trentunne freddato dallo stesso proiettile che aveva trapassato il cranio di Joy, la figlia di nove mesi che cullava tra le braccia, durante l'agguato sotto casa. Il padre di lei, l'unica sopravvissuta alla mattanza, ha lasciato Napoli e si è messo a fare il barista a via Tempesta. Ci sanno fare i cinesi. «Sono gentili, puliti e hanno i prezzi giusti» confermano Daniela e Liliana, dipendenti del Sert della Asl RmC, a 50 metri dal bar chiuso per lutto. «Noi del Sert mangiamo sempre qui, dalla colazione, al pranzo». Ma tutte le strade nei dintorni di via Alò Giovannoli, la via della mattanza, parlano straniero. Anche via della Marranella, via Eratostene, via Zeno Dossio, via Bufanlini. E se non si parla cinese, la lingua è il bengalese. Però solo i cinesi non hanno mai bisogno di tendere una mano per chiedere aiuto. Sono l'unica etnia che non si presenta a mangiare alla mensa gestita dalla comunità dei Pavoniani presso la parrocchia di S. Barnaba: 7 religiosi, tra cui 5 sacerdoti compreso il parroco don Mario Trainoti e don Claudio Santoro, il prete che quando mercoledì sera ha sentito le grida è sceso in strada riuscendo così a dare l'estrema unzione alle due povere vittime. «Ogni giorno diamo da mangiare a una cinquantina di persone, stranieri e italiani ma i cinesi non sono mai venuti a chiedere aiuto, sono gli unici che non ne hanno bisogno» conferma Arturo Kaba, che il 5 febbraio sarà ordinato diacono, responsabile della pastorale giovanile della parrocchia. È lui che si occupa anche dell'oratorio, dove studiano anche i figli degli italiani perché, spiega «ci sono sacche di povertà tra gli stranieri, soprattutto tra i nordafricani, ma aumentano le famiglie romane in difficoltà che vengono a chiederci aiuto, e che sosteniamo ogni giorno anche con i pasti». Ora però anche i cinesi starebbero per traslocare. Dopo aver piantato le tende, guardano avanti, diretti, secondo un residente storico, Antonio, che abita nello stesso palazzo dove viveva la coppia sterminata «a via dell'Omo dove hanno i magazzini».

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