Due borse ritrovate, non una soltanto, e coi soldi ancora dentro.
L'altrasera, a cinque minuti di strada dal luogo del delitto, in zona Casal Bertone, in via Ettore Fieramosca, all'interno di una baraccapoli di romeni, i carabinieri del comandante provinciale Maurizio Mezzavilla hanno trovato la borsa della rapina finita nel sangue, la borsa di cui i due rapinatori assassini si sono impossessati tagliando la cinghia della tracolla con un taglierino e ferendo la donna ventiseienne a braccio destro e torace, ancora ricoverata in stato di choc all'ospedale San Giovanni Addolorata. Sin qui la tessera che s'incastra col mosaico. Ma c'è stato un colpo di scena, un fatto inaspettato che potrebbe cambiare il quadro dei sospetti e la pista imboccata finora dagli investigatori. Accanto alla borsa i militari hanno rinvenuto un'altra bisaccia poco più grande di un borsello, sfilata all'imprenditore cinese la sera della tragedia. All'interno quindicimila euro, documenti e una maglia. In entrambe i telefoni cellulari, della moglie Zeng Lyan e del marito Zhou Zeng. Apparecchi che probabilmente hanno lasciato tracce telematiche e hanno permesso ai carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci diretti da Lorenzo Sabatino di arrivare a Casal Bertone. Le due borse sono state consegnate ai carabinieri del Ris per rilevare eventuali impronte digitali, verificare se i malviventi hanno agito indossando i guanti oppure a mani nude. La scoperta segna decisamente un passo in avanti delle indagini ma ammanta pure di mistero un caso in cui dinamica e movente si immaginavano chiari e invece adesso si complicano. Se era una rapina, perché i balordi si sono disfatti proprio del bottino?Perché la donna non ha detto subito che le borse portate via dagli aggressori erano due? Forse la somma era molto più alta e i responsabili del duplice omicidio le hanno fatte ritrovare lasciando solo parte del cifra? E se invece il movente fosse stato un altro? Se i due assassini avessero agito su commissione, se avessero ricevuto l'incarico di prendere i soldi pretesi da un altro e poi alla fine, per una tragica fatalità, dalla pistola è partita la pallottola che ha colpito alla fronte la bimba, le ha traspassato il cranio finendo la sua corsa nel petto del cinese? Oppure vale ancora la congettura dei rapinatori tossici che frequentavano il bar, erano partiti per rapinare moglie e marito, i coniugi hanno reagito, loro hanno perso il controllo trasformandosi in assassini? In teaoria, soldi e borse nella baraccopoli potrebbero averli lasciati per andarli a riprendere in un secondo momento, o li avrebbero abbandonati perché sporchi del sangue di una bimba di 9 mesi. Le ipotesi sono sul tappetto delle indagini condotte da un piccolo esercito: Compagnia Casilina del maggiore Domenico Albanese, Nucleo investigativo coordinato dal comandante del Reparto operativo Salvatore Cagnazzo, sotto la regia del comandante provinciale Mezzavilla. Ieri ad avvalorare l'ultima tesi si sono aggiunte alcune voci di amici e parenti della famiglia cinese. Hanno detto che Zhou Zeng, titolare di un money transfert in via Bordoni, e lei Zeng Lyan, che gestiva il bar gastronomia in via Tempesta, in passato avrebbero ricevuto minacce e richieste di estorsione. In pratica, dovevano pagare il pizzo? A chi?Da quanto tempo? L'imprenditore cinese si è rifiutato, i due dovevano punirlo per conto di un presunto mandante e poi le cose sono andate male e loro si sono voluti disfare dei soldi? A sentire il presidente onorario dell'associazione Associna, Marco Wong, non sarebbe un caso isolato. L'altro ieri ha detto che «dopo il duplice omicidio, alcuni connazionali commercianti hanno ricevuto le telefonate di sciacalli:"Se non paghi ti faccio fare la fine di quello lì...". Sono stato contattato da diversi negozianti - assicura - le telefonate sono partite a poche ore dall'omicidio di Zhou Zeng e della sua bambina di appena 9 mesi. La comunità cinese a Roma, più in generale, è da diverso tempo alle prese con un clima che non la fa vivere tranquilla. Le rapine sono aumentate - spiega Wong - ormai sono sempre più frequenti», assicura. Eppure «molti commercianti non denunciano. Un po' per paura - ammette - un po' perché credono sia una perdita di tempo. Andare in Commissariato, stare ore e ore in questura con mille difficoltà per farsi comprendere». Acquista luce nuova la disponibilità economica che dimostrava la famiglia cinese. Descritta come un nucleo di persone ben integrate, ma anche amanti del lusso, specie lui, col pallino delle auto Ferrari. Intanto, carabinieri e polizia stanno setacciando la zona. Comando provinciale dell'Arma e Questura hanno disposto il potenziamento dei controlli con posti di blocco e perquisizioni. Un lavoro al quale pertecipano gli investigatori a tutti i livelli. Ieri nella Capitale sono scesi in campo anche i primi 130 uomini delle forze dell'ordine dei 400 previsti dal terzo Patto per Roma Sicura, secondo quanto previsto dal vertice che si è svolto al Viminale. A confermare l'arrivo dei rinforzi è stato anche il vicesindaco di Roma, Sveva Belviso, intervistata da Radio Ies: i 130 uomini, ha detto, «sono già arrivati. Noi ci ribelliamo a quello che sta accadendo e chiediamo aiuto allo Stato». La Belviso ha ribadito: «Abbiamo fatto delle proposte basate su mappa di indicatori di pericolosità bisogna fare prevenzione» sottolineando che «i reati anche se sono scollegati hanno un'unica matrice in comune, l'uso delle armi facili».