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L'Europa crolla I politici mezzecalze si leccano le ferite

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Edrammatico. Si sono registrati un ulteriore tonfo delle borse europee a cominciare da quella di Milano, un balzo in avanti dello spread Italia-Germania, un tracollo dell'euro rispetto al dollaro. E, poi, ad aggravare la situazione, i dati relativi ad altri paesi, dal moltiplicarsi di segnali che rendono più vicino il declassamento della Francia fino al balzo record dei titoli di stato dell'Ungheria e al deprezzamento della moneta ungherese. Infine, per quanto riguarda l'Italia, la notizia dell'incremento della disoccupazione giovanile al 30,1 per cento in una situazione che vede stimato il Pil per il 2012 con un segno negativo. Non siamo in presenza di una crisi ciclica dell'economia né tanto meno di fibrillazioni facilmente controllabili. Siamo in presenza di un terremoto. Un terremoto economico e finanziario. Ma anche politico. L'Europa sta crollando. E con essa l'euro. Questa è la realtà. I segnali inviati dai mercati internazionali rappresentano, per l'Italia, un avviso ai naviganti della politica perché, per il bene del paese, riflettano sul futuro. E operino di conseguenza. Con il governo Monti, la politica è stata costretta a uscire di scena. Quali che siano le modalità che hanno portato alla costituzione di questo "governo del Presidente" e quale che ne sia la natura, resta il fatto che esso è l'unico, al momento, in grado di offrire all'Unione Europea una immagine dell'Italia non solo, come ha detto il capo dello Stato in occasione dell'improvvisa trasferta del premier a Bruxelles, «più affidabile sul debito» ma anche propositiva per il rilancio dell'economia nazionale ed europea. Il governo Monti, lo si è detto più volte, è nato da uno "stato di eccezione", si è costituito con modalità atipiche. E ha finito per essere percepito come un rimedio ai disastri provocati dalla cattiva politica e dai cattivi politici: un governo di supplenza. Naturalmente, il fatto che un "governo di tecnocrati" abbia preso il posto di "governi politici" non fa piacere a chi crede nei principi e nelle modalità di funzionamento delle democrazie liberali che hanno il loro fulcro nella centralità del Parlamento. Ma la gravità della crisi è tale che - per usare una colorita e celebre espressione del buon Indro Montanelli - sarebbe opportuno «turarsi il naso» di fronte alle forzature e aiutare la navicella del governo a navigare tra le onde procellose del mare economico e finanziario in tempesta per raggiungere un porto sicuro. Magari mettendo in cantiere qualcosa della mai realizzata "rivoluzione liberale" ovvero qualche ammodernamento in senso liberale dello Stato. Il messaggio trasmesso dai mercati ai partiti e agli uomini politici italiani è chiaro: salvare l'Italia abbandonando, almeno per un momento, le contrapposizioni e pensando al bene del Paese. Siamo nel pieno di una guerra e con un governo di unità nazionale. La politica dei politicanti si è raccolta in un angolo a leccarsi le ferite e sta dando una immagine pietosa di sé nella difesa di indifendibili privilegi di casta e nella ripresa di giochini demagogici e irresponsabili. Continua ad essere, come diceva Panfilo Gentile, espressione di una «oligarchia di mezze calzette». E rischia di alimentare la peggiore e incontrollabile "antipolitica". Bloccando il ritorno sulla scena della politica, quella vera e nobile. A meno che non porga orecchio all'avviso ai naviganti lanciato dai mercati.

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