La sfida dei partiti: programmi realistici e alleanze omogenee
«Iltrascorrere del Capodanno - scriveva ieri Giacalone per i nostri lettori - non ha cambiato nulla, ma l'avere iniziato il 2012 rende ancora più vicina la resa dei conti per l'euro». Ebbene, una resa dei conti è anche quella che aspetta i partiti nel momento in cui si andrà a votare per il rinnovo delle Camere. Ed essi dovranno dimostrare ai cittadini se saranno riusciti a profittare della tregua garantita dal governo tecnico di Mario Monti per rigenerarsi. Come ha loro raccomandato, per non dire di più, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel passaggio politicamente più incisivo, a mio avviso, del suo messaggio radiotelevisivo di Capodanno: il penultimo, purtroppo, di un mandato che egli ha saputo svolgere con grande equilibrio ed efficacia, riconosciutigli giustamente anche dalla maggior parte di quanti, nel centrodestra, non ritennero opportuno votarlo il 10 maggio 2006. Anche se, significativamente, non vollero contrapporgli un altro candidato, preferendo deporre nell'urna parlamentare scheda bianca, diversamente dai leghisti. Che, diffidandone molto per i suoi trascorsi comunisti, rimproveratigli di nuovo in questi giorni, diedero i loro voti «di bandiera» a Umberto Bossi. Ora che sono entrati nel 2012, i partiti che con maggiore o minore convinzione hanno condiviso, nelle consultazioni di novembre per la soluzione della crisi ministeriale, le preoccupazioni del capo dello Stato per un ricorso anticipato alle urne sono costretti dal calendario a dire che si voterà, al più tardi, l'anno prossimo. I tempi si sono improvvisamente e psicologicamente ristretti sia per loro sia per gli elettori che dovranno giudicarli. E che saranno presumibilmente più esigenti quanto torneranno alle urne, viste le durissime prove alle quali sono stati chiamati non per uscire dalla grave crisi economica e finanziaria abbattutasi sulle loro teste, e nelle loro tasche, ma per cercare di uscirne sapendo peraltro che non tutto dipende da noi per il carattere planetario, e non solo europeo, delle difficoltà. La «rigenerazione» chiesta dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, comporta un cambiamento radicale delle abitudini di tutte, proprio tutte, le forze politiche, anche di quelle che mostrano di considerarsi incolpevoli di quanto è accaduto e credono di poterlo dimostrare sostenendo «senza se e senza ma», come usa dire per esempio il buon Pier Ferdinando Casini, il governo tecnico di Mario Monti. In particolare, i partiti debbono riconquistare, se mai l'hanno avuta, viene voglia di chiedersi, la consapevolezza della responsabilità di presentarsi agli elettori con programmi realistici e alleanze omogenee. Gli uni e le altre, diciamoci la verità, sono mancati per parecchio tempo, poco importa a questo punto se per colpa solo dei partiti o anche di un sistema elettorale che non a caso tutti ormai si dicono disposti a cambiare. Anche se non si intravede ancora un accordo, forse in attesa che la Corte Costituzionale sciolga, come sta per accadere, il nodo dell'ammissibilità dei referendum abrogativi promossi contro liste bloccate e premio di maggioranza. Programmi realistici e alleanze davvero omogenee, non necessariamente incompatibili con il bipolarismo al quale gli elettori si sono abituati con l'avvento della cosiddetta seconda Repubblica, o nella lunga e incompiuta transizione dalla prima alla seconda, sono gli unici rimedi all'avvilente spettacolo di partiti tanto capaci di vincere le elezioni quanto incapaci poi di governare.