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Buvette più salata per i deputati

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Ma il questore Mazzocchi avverte: basta demagogia, prezzi da diminuire

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Caffè,cappuccino, cornetto, tramezzini e aperitivi lasceranno l'amaro in bocca ai deputati, che già protestano. Tanto che il questore Antonio Mazzocchi (Pdl) avverte che proporrà di ridurre i costi: «Altrimenti gli onorevoli e i dipendenti della Camera andranno nei bar del centro storico e saranno i lavoratori a pagare, come sta succedendo al ristorante del Senato». Da ieri alla buvette della Camera il caffè costa 80 centesimi (prima era 70), cappuccino e cornetto 2 euro: passano, rispettivamente, da 1 euro a 1 euro e 10 centesimi e da 80 a 90 centesimi. Più rilevante l'aumento (20 centesimi) per l'orzo, per il decaffeinato (da 1 euro a 1 euro e 20) e per il cappuccino decaffeinato (da 1 euro a 1 euro e 30). Anche il panino mangiato al volo tra una votazione e l'altra sarà più salato: quello con prosciutto e mozzarella costerà 3 euro anziché 2,50, il tramezzino «semplice» 2,50 invece di 2 euro e quello «special» 2,80 anziché 2,50. Prezzi più alti anche al bancone dei fritti: supplì, arancini e crocchette passeranno da 1 euro a 1 euro e 30 centesimi. Raddoppia il costo dei succhi di frutta, da 1 a 2 euro, mentre aumenta di 50 centesimi (da 2,50 a 3 euro) il trancio di pizza bianca con prosciutto e formaggio o con mortadella. Da 3 euro a 3,50 la fetta di torta rustica, mentre la pizzetta rossa passa da 1,50 a 2,50 euro. Prezzi in salita anche per la frutta: quella «singola» (mele, pere, banane) costa ora 1 euro invece di 50 centesimi, mentre ananas, melone, mandarini, arance e uva passano da 1 a 2 euro a porzione. Anche il tè sarà più costoso: quello caldo costa 1 euro e 50 (prima 80 centesimi), quello freddo passa da 1 a 2 euro. Aumenti record per l'aperitivo: 3,50 euro invece di 1,50 per un analcolico, e 4,50 euro (dai 2 del listino 2011) per un aperitivo alcolico. Dagli aumenti non si salva neppure il vino: un bicchiere di bianco o di rosso passa da 1 a 3 euro. Non andrà meglio al ristorante. In attesa che si trasformi in self service, ci sarà l'«adeguamento» del listino, anche se il menù deve essere ancora definito. Allo studio del collegio dei questori della Camera c'è anche l'ipotesi di limitare l'apertura del ristorante ai giorni di seduta, tre a settimana. Ma non è detta l'ultima parola. Proprio uno dei questori, Antonio Mazzocchi (Pdl), annuncia battaglia. Per evitare, spiega, che finisca come a Palazzo Madama. A settembre 2011 sono stati alzati i prezzi del menù del ristorante e i senatori hanno messo in atto il piano B. Hanno cominciato a pranzare nei locali della zona, pagando tra i 10 e i 15 euro a pasto, invece dei 30-40 previsti dal listino al Senato. Risultato: la società che gestisce i servizi di ristorazione ha annunciato il licenziamento di otto dipendenti. «Farò rivedere i prezzi, sono diventati troppo alti - dice Mazzocchi - Ma le pare che per un succo di frutta e un tramezzino si paghino 5 euro?». Una soluzione Mazzocchi ce l'ha: «Guardiamo i prezzi dei bar nei ministeri e nel resto della pubblica amministrazione e adeguiamoci». Il questore della Camera ammette che «dobbiamo risparmiare ed eliminare ingiustificati privilegi» ma «anche finirla con questa gara a colpire i parlamentari. Ormai quando vado a cena con mia moglie in qualche ristorante prenoto a nome "avvocato Mazzocchi" e non "onorevole"». I nuovi prezzi non convincono per niente il questore, che insiste: «Al bar sotto casa mia per cappuccino e cornetto si spendono 1 euro e 70 centesimi, alla Camera dei deputati 2 euro. Non è un caso che ieri alla buvette ci fossero soltanto 3 persone. Dobbiamo evitare che alla fine di questa storia paghino i lavoratori. Abbiamo già cancellato il contratto con la società Milano 90 per l'affitto dell'immobile di Palazzo Marini, che comunque scadeva nel 2013, e tantissime famiglie sono per strada. La politica deve farsene carico». Mentre l'addio al ristorante accanto alla buvette sembra ormai scontato. «Ma nella gara per fare il self service proporrò di prevedere più punti per le società che si impegneranno ad assumere il personale in uscita. In caso contrario sarà un problema. Non si può ragionare semplicemente con l'antipolitica, per cui si alzano i prezzi per gli onorevoli e tutti sono contenti. Perché finisce che i deputati vanno a mangiare altrove e spendono meno mentre i lavoratori perdono il posto». La controffensiva è dunque partita. Anche perché i presidenti di Senato e Camera, Schifani e Fini, hanno annunciato alcune settimane fa di voler tagliare lo stipendio dei parlamentari. Allo studio ci sarebbe la cancellazione della voce «Rapporto eletto-elettori», che vale 3.690 euro al mese per ogni onorevole. Servirebbero a pagare i collaboratori e le spese politiche ma sempre più spesso finiscono, interamente o in parte, nelle tasche di deputati e senatori. Per ora si attendono i risultati della Commissione guidata dal presidente dell'Istat Giovannini sulle indennità percepite dagli onorevoli degli altri Paesi europei. Il braccio di ferro sarà inevitabile. Mazzocchi si «arrende»: «A questo punto non diamogli proprio lo stipendio, facciamo che deputati o senatori siano volontari. Così la politica la faranno soltanto gli industriali».

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