«Rischio di tensioni sociali? Quadro occupazionale allarmante? Il problema è reale, bisogna agire subito e con interventi efficaci».
«Illavoro è la vera emergenza, bisogna far ripartire l'economia altrimenti sono guai». È un quadro molto buio, non è un eccesso di pessimismo? «Le previsioni sono sicuramente poco rassicuranti. Bisogna considerare due fattori: la caduta del reddito dei lavoratori dipendenti e pensionati e il rischio, quasi la certezza di una diminuzione dei posti di lavoro. Tutti elementi che non sono in grado di garantire la pace sociale. La perdita di posti di lavoro è una vera bomba dal punto di vista della tenuta sociale». Ma come si è arrivati a questo? «Per avere una risposta basta guardare lo scenario generale. L'economia mondiale sta rallentando e noi in Italia rischiamo la recessione. Questi due fattori combinati insieme portano a una perdita di posti di lavoro». La ricetta per invertire la tendenza e per evitare la recessione? «La ricetta è semplice. Non si tratta di fare leggi sul mercato del lavoro ma occorre ridurre le tasse, cambiare la legge sugli investimenti pubblici, combattere l'evasione fiscale e tagliare con decisione i costi della politica. Poi si può modificare qualche regola sul mercato del lavoro. Può aiutare ma poco. È essenziale che le regole siano applicate dalle imprese altrimenti stiamo parlando del fumo». Il modello introdotto dall'ad della Fiat Sergio Marchionne potrebbe essere esteso per recuperare posti di lavoro? «La soluzione adottata da Marchionne è l'unica che ha funzionato. Gli unici investimenti che sono stati fatti in Italia da parte delle imprese sono quelli della Fiat. Basta vedere quanto ha investito il Lingotto negli ultimi due anni e questo spiega tutto. Se avessimo dieci Pomigliano avremmo risolto i problemi. Quindi i contratti sono secondari, contano i posti di lavoro; i contratti possono facilitarli. Contanto gli investimenti, è questa la vera ricetta». Ma come si possono indurre le imprese ad avere fiducia e a tornare ad investire? «Per dare slancio ala produzione occorre che le imprese abbiano la prospettiva di vendere, e questo è possibile solo se aumenta la domanda, se crescono i consumi. Occorrono anche investimenti pubblici, modificare quelle normative, anche burocratiche che hanno impedito gli investimenti. Bisogna tornare a guardare all'economia reale». Cosa vi aspettate che faccia il ministro del Lavoro Fornero? «Il ministro deve chiamare imprese e sindacati e chiedere quali sono le regole migliori per favorire l'occupazione stabile. Deve confrontarsi con chi queste cose deve farle». E per far ripartire i consumi? «È essenziale ridurre le tasse. So bene che è quanto di più difficile possa fare un governo ma è quello che serve. Ma la manovra ha aumentato le tasse... «L'economia e la disoccupazione stanno peggiorando. Noi abbiamo protestato. Meglio sarebbe stato ridurre i costi della politica e recuperare l'evasione fiscale. Nessuno chiede dei miracoli ma sono interventi che vanno fatti». Avete avuto contatti con il ministro Fornero durante le feste natalizie? «Ci siamo sentiti e c'è l'impegno a vederci la settimana prossima» Sarà aperto un tavolo di confronto? «Non lo so dipende dal governo. Sono le soluzioni quelle che a noi interessano, non i tavoli». Insomma vi aspettate che il governo non faccia come con la manovra quando vi ha presentato il testo a cose fatte. «Il problema è che ha deciso misure che non ci piacciono, altrimenti non avremmo protestato, non c'è stata concertazione. In particolare sono stati penalizzati i pensionati e c'è una fascia che rischia di restare senza stipendio e senza pensione. A questi bisognerà dare una risposta». Alcuni istituti di ricerca anglosassoni pronosticano la fine a breve dell'Euro. Che ne pensa? «Fanno passare per desideri la realtà. L'Euro avrebbe bisogno che la Bce assomigliasse alla Fed americana e si occupasse di posti di lavoro più che di inflazione. Si fa troppa finanza si guarda troppo al valore dell'euro e poco ai posti di lavoro». L'uscita dell'Italia dall'Eurozona e un ritorno alla lira? «Non sta nè cielo e nè in terra».