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Una vita dedicata agli italiani all'estero

Mirko Tremaglia

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Era un ragazzo di Salò, ma Mirko Tremaglia era soprattutto un combattente. Fascista mai pentito, che andò in guerra per Mussolini, ma che in Parlamento seppe conquistarsi la stima dei suoi nemici, si è spento ieri nella sua Bergamo a 85 anni. Succede spesso di legare il nome di un politico a una riforma, a una legge. E così anche per Tremaglia che conquistò il diritto di voto per gli italiani all'estero, dopo una estenuante lotta. Ma non si ha memoria di un impegno così lungo, così impegnativo. Oltre 30 anni, tra sconfitte, amarezze, prima della vittoria finale. Proprio la vittoria della guerra politica della sua vita ebbe un retrogusto amaro. La prima volta che gli italiani nel mondo votarono per corrispondenza, nel 2006, furono determinanti per far vincere la Sinistra al Senato. Fu deriso, criticato anche dai suoi amici. Quando muore un protagonista è facile cedere alla retorica. Ma è indubbio che la vita del ragazzo di Salò sia stata un'avventura. Un uomo passato tra le vicende più tumultuose della recente storia italiana. Un uomo che fin da ragazzo non rimase ad aspettare gli esiti della storia, ci volle entrare, partecipare. Dalla parte sbagliata. La patente di buoni e cattivi, di giusto ed errato la danno sempre i vincitori. E Tremaglia era tra i perdenti. A soli 17 anni aderì alla Repubblica di Salò, fu catturato dagli alleati, tenuto prigioniero. Intanto il padre partito per la guerra morì in Africa, sepolto in Etiopia. La guerra uccise anche la madre. Discriminato dopo la fine del conflitto, rifiutato da qualche università per i suoi trascorsi repubblichini, quel bergamasco combattente riuscì a laurearsi. Ma la professione forense non lo allontanò dal suo amore per la politica. Così fu naturale l'approdo nel Msi, e poi in Parlamento nel 1972 con il partito guidato da Almirante. Tremaglia inizia subito con la sua richiesta di far votare gli italiani all'estero. Difficile, perché la sinistra teme che nelle Americhe ci siano troppi nostalgici, voti di destra, voti fascisti. Sembra una battaglia contro i mulini a vento. Ma Tremaglia insiste, ottiene che si faccia un censimento dei connazionali. Un primo passo. Anche i suoi avversari politici capiscono che lo scopo, la battaglia di quell'ex fascista bergamasco non è per qualche voto in più, ma amore per l'Italia e gli italiani. Si conquista così almeno la stima di chi lo contrasta. Si racconta che l'ex partigiano Pajetta elogiò il suo impegno. Il massimo del riconoscimento che potesse avere. All'inizio degli anni '90 sembrava chiudersi la partita, ma la legge si arenò. Passarono 10 anni prima della sua approvazione, nel frattempo Tremaglia aveva allargato i consensi anche tra ex avversari. Nel 2001 proprio per il suo impegno gli fu assegnato il Ministero per gli Italiani nel Mondo, poi arrivò la legge. Ma la vita a Tremaglia non regalò nulla. Nel 2000 a 42 anni muore il figlio Marzio, assessore della Lombardia per la cultura. E in Parlamento fu Veltroni a ricordare quel ragazzo con un attestato di stima per lui e il padre. Pur malato ha continuato la sua avventura politica. Ha seguito Fini perché per lui era l'erede di Almirante. Lealtà, fermezza, onestà. Questo era Tremaglia. Le sue idee potranno essere contestate, l'uomo no. E dopo una vita di parte, da militante, è una vittoria che il ricordo e l'elogio non abbiano colore politico.

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