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Il partito dei fedelissimi di Napolitano

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

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C'è un partito trasversale che appoggia Napolitano e si affida a Mario Monti. Senza se e senza ma. Senza i dubbi che affiorano e alimentano invece i ragionamenti degli esponenti delle formazioni che pure hanno votato la fiducia al nuovo governo tecnico. È un partito al quale sono iscritti il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il presidente della Camera Gianfranco Fini e quello del Senato Renato Schifani. Il primo è il maggior sostenitore del nuovo premier. Quando lo difende usa le stesse parole che arrivano dal Quirinale. Ma non è una difesa «a prescindere». È vero che Casini ha schierato da subito il suo partito senza esitazioni con Mario Monti ma sullo sfondo fa capolino un'altra strategia: la costruzione di una candidatura da «uomo delle istituzioni», quando, nel 2013, dopo aver votato per il nuovo Parlamento le Camere dovranno anche scegliere il Presidente della Repubblica dopo Napolitano. Per questo da Casini non arrivano mai parole di critica ma appelli alla governabilità in perfetto stile quirinalizio con inviti agli altri partiti a lavorare solo per sostenere il governo. Un esecutivo nei confronti del quale c'è una fiducia incondizionata. Il 23 dicembre, ad esempio, il post di Pier Ferdinando Casini su twitter sgombra il campo da qualsiasi dubbio: «Più incontro Monti, più cresce la mia stima per lui. Pur riconoscendo le difficoltà, è sereno e risoluto: la miglior guida per l'Italia». E lo stesso giorno, dopo averlo incontrato a palazzo Chigi nel giro di consultazioni che il premier ha fatto con i leader dei partiti maggiori, l'ex presidente della Camera sposa in pieno la linea dell'esecutivo: «Sono andato da Monti per fargli gli auguri di Natale perché l'Udc non ha né richieste né proteste da fare al presidente del Consiglio che va solo assecondato. Abbiamo parlato delle questioni internazionali, delle liberalizzazioni e del rilancio dell'economia».   Una linea di condivisione totale che, nel Terzo Polo, anche Francesco Rutelli fa fatica a seguire. Sulla manovra, ad esempio, l'ex sindaco di Roma non ha dato giudizi incoraggianti: «La componente crescita è stata deludente. Mi aspettavo di più, ma c'è tempo. Obiettivamente in venti giorni non si può far molto». «Servono dal governo molto coraggio e innovazione – aveva spiegato in una intervista a QN – senza farsi condizionare dalle lobby, e magari anche innovazione nella macchina del palazzo». Dubbi che invece, nel Terzo Polo, non sfiorano Gianfranco Fini che con Giorgio Napolitano ha un rapporto che dura da anni. E quindi non può permettersi di «sfiduciare» Mario Monti. Specialmente dopo aver invocato per mesi la caduta di Berlusconi. «Oggi dobbiamo sostenere Monti perché, invece di negare l'evidenza, cerca di risolvere il grande problema dei conti – ha spiegato agli esponenti di Fli durante la cena per gli auguri di Natale – La manovra è difficile da digerire perché incide su tutti i livelli sociali, ma è inevitabile se vogliamo giocare il secondo tempo della partita: quello della crescita. Dal Pdl arriva invece l'altro esponente «nobile» del partito del Presidente, Renato Schifani. «È un momento difficile e occorre non abbandonare la speranza e la solidarietà – ha detto ieri visitando ieri a Roma la missione «Speranza e carità» del missionario laico Biagio Conte – Solo un Paese unito nella comprensione e nel dialogo può superare questo momenti».

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